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Home Attività Made in Volta Decameron - 3B-2019-20

Decameron - 3B-2019-20

Decameron - 3B-2019-20

L.S.S. Alessandro Volta - Milano

Decameron - 3B-2019-20

Made in Volta

Decameron - 3B-2019-20

Classe 3B - a.s. 2019-20

DECAMERON

(…ma ormai molti di più)

Umana cosa è l'aver compassione degli afflitti… e in questi giorni di afflizione collettiva intendo di condividere 30 novelle, o favole, o parabole, o istorie che dir le vogliamo (ma anche saggi o poesie…) raccontate in diece giorni da una onesta brigata di 10 ragazze e 17 ragazzi della 3B del Liceo Volta, nel pistilenzioso tempo che stiamo vivendo (…al tempo del COVID-19,,,). Nelle quali novelle piacevoli ed aspri casi e fortunosi avvenimenti si vedranno e quindi i lettori troveranno sollazzevoli cose in quelle mostrate e utile consiglio potranno pigliare. Ma soprattutto, io penso, potranno trovare conforto nel riconoscere quanto grande umanità, e sensibilità, e maturità i nostri giovani novellatori ci dimostrano.


SOMMARIO

  1. I CONFINI AI TEMPI DEL CORONAVIRUS
  2. CORONA VIRUS
  3. PASSATEMPI AL TEMPO DEL CORONA-VIRUS
  4. PAURA E CAMBIAMENTO AI TEMPI DEL CORONAVIRUS
  5. TIC TAC, TIC TAC
  6. ACCOUNT UFFICIALE DI MARIO ROSSI: @mariorossi
  7. LA PAURA DI CHI CONOSCE
  8. CONSIDERAZIONI SULL'EMERGENZA CORONAVIRUS
  9. #tuttoandràbene
  10. SCONTRO DI CIVILTÀ
  11. RICORDO, DOLORE, INSEGNAMENTO…
  12. QUATTRO TIPI DA COVID-19
  13. CARO DIARIO, C'È IL CORONAVIRUS
  14. DIARIO DI UN VIRUS
  15. …AL TEMPO DEL CORONA-VIRUS
  16. CORONAVIRUS, IL MALE CHE MI HA PERMESSO DI RISCOPRIRE LA BELLEZZA
  17. UNA MASCHERINA SPECIALE
  18. LA VITA AI TEMPI DEL CORONAVIRUS - 25 DICEMBRE 2050
  19. DIARIO DI PRIGIONIA
  20. PARLANDO SERIAMENTE
  21. QUATTRO FACCE DELLO STESSO DADO
  22. IL VIRUS E LA QUARANTENA
  23. UN RACCONTO AI TEMPI DEL CORONAVIRUS
  24. MILANO È UNA BOMBA!
  25. UNA VACANZA IN PRIGIONE
  26. METÀ INDIFFERENZA E METÀ CATTIVERIA
  27. LE PERSONE AI TEMPI DEL CORONAVIRUS
  28. MADRE NATURA
  29. RAGAZZI
  30. AL TEMPO DEL CORONAVIRUS…

Testo Primo

I CONFINI AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

10 gennaio

Il tg inizia a parlare di questa nuova polmonite che si sta diffondendo in Cina. A scuola gli amici iniziano a scherzarci su, ma si ride e ci si diverte.

15 gennaio

Arrivano i primi numeri dalla Cina, niente più di una comune influenza. I numeri però crescono, raddoppiano, giorno per giorno. La situazione si fa sempre più seria.

Col passare del tempo, la televisione inizia a parlarne in continuazione, fino a quando la parola “coronavirus” è sulla bocca di tutti.

Il governo cinese inizia a bloccare il focolaio di questo microrganismo sconosciuto a tutti, oltre 11 milioni di persone in quarantena. Tutto questo proprio in un momento di festa e di felicità, quando le famiglie si dovrebbero riunire dopo un anno di duro lavoro e di sacrifici. Il capodanno cinese è rovinato, Pechino cancella tutti i festeggiamenti, così come Shanghai. Ma non è solo la Cina ad attrezzarsi: l'Italia cancella tutti i voli da e per la Cina. 1,4 miliardi di persone bloccate da una delle maggiori potenze occidentali.

23 gennaio

Su tutte le prime pagine e tutti i programmi televisivi: coppia cinese ricoverata allo Spallanzani. Il covid-19 ha ormai superato tutti i confini imposti. Si cerca di rintracciare tutti i loro movimenti, non si sa quante persone hanno contagiato.

Per strada iniziano gli sguardi. Controllo i miei vestiti, sarò uscita in pigiama? Apro la fotocamera interna del mio cellulare, sarò sporca? Niente. Salgo sulla metro, come tutti i giorni della mia vita e dopo l'ennesima persona che si allontana finalmente realizzo: sono gli occhi a mandorla, la pelle giallastra e i tratti orientali. Al coronavirus non interessano i confini culturali imposti da noi uomini, ma a noi si. Non ci faccio troppo caso, più spazio per me quando la metro sarà strapiena.

Giorno per giorno la distanza aumenta, le persone iniziano a bisbigliare “allontanati, quella porta il coronavirus”, “c'è una cinese, cambiamo strada”, “lasciala passare”. Forse pensano che io non possa capirli.

E proprio quando mi sento più sola arrivano le notizie del web “bambino picchiato perché cinese”, “ragazza orientale obbligata a scendere dal bus”.

Oltre al coronavirus sembra essere nato un virus molto più forte e letale: il virus del razzismo, o meglio sinofobia, avversione verso le persone di etnia cinese.

22 febbraio

Uomo di Vò Euganeo morto di coronavirus. A un mese dal ricovero della prima coppia affetta da coronavirus, scoppiano 2 nuovi focolai nel cuore del nord Italia. 11 comuni tra Lombardia e Veneto in quarantena.

Dopo due mesi dall'inizio dell'espanzione di questo virus, anche l'Italia si trova in uno stato di emergenza. Non si sa ancora niente, quante persone siano state contagiate, dove sia già arrivato...niente.

23 febbraio

Dopo sole 24h dal primo decesso, l'Italia si vede costretta a chiudere tutte le scuole lombarde e venete. 5 milioni di giovani a casa per coronavirus. Per ora sono previsti solo tre giorni di sospensione. Intanto il sud Italia cerca di salvarsi: controlli, intere regioni chiuse e treni cancellati per chi arriva dal nord Italia. Ma non è solo all'interno dell'Italia che, ancora una volta, ci si divide, molti Stati occidentali iniziano a prendere provvedimenti “American Airlines cancella tutti i voli con l'Italia”, “treni dalla Lombardia per l'Austria bloccati” “14 Lombardi costretti a tornare a casa appena dopo essere atterrati alle Mauritius” e come questi, molti altri.

L'Italia, che aveva per prima allontanato il “paese degli untori”, si ritrova lei stessa ad essere isolata, con quegli stessi metodi.

10 marzo

L'Italia impone la quarantena a tutti, dalla Val d'Aosta alla Sicilia. Tutte le scuole chiuse per almeno un altro mese.  Controlli tra una provincia e l'altra. Si può uscire solo per fare la spesa.

E ancora, in un momento di crisi per tutta l'Europa, si cerca di trovare il colpevole. L'Unione guarda indispettita l'Italia, l'italia continua a dare la colpa agli occhi a mandorla. Al reparto dei surgelati i bambini scappano dai genitori, tra la frutta e la verdura le signore si allontanano, la metro si svuota non appena metto piede nel vagone, e i bisbigli continuano.

Io, ragazza cresciuta in Italia con le abitudini occidentali, allontanata dai miei concittadini per i miei tratti orientali, giudicata per il mio accento milanese dai meridionali, e bloccata in Italia per la mia cittadinanza. E così come me, migliaia di altri ragazzi in giro per il mondo vengono trattati come appestati, picchiati e discriminati per il semplice colore della pelle in un momento in cui l'unione dovrebbe fare la forza. Dalla Cina continuano ad arrivare attrezzature, macchinari e un gruppo di medici specializzati. Durante questa emergenza mondiale dovremmo imparare dal virus e non guardare confini, colori della pelle o forme del viso.



Testo Secondo

CORONA VIRUS

Eccomi finalmente a Milano; dopo aver girato tutta la Lombardia e aver visitato paesini come Codogno che contavano al massimo mille abitanti, eccomi finalmente nel capoluogo lombardo. Certo, devo dire che da come ne avevo sentito parlare mi aspettavo una città molto più frenetica e caotica, invece trovo strade e piazze semideserte; i bar e i ristoranti sono addirittura chiusi. Voi vi starete però chiedendo cosa ci faccio io a Milano ...per capirlo bisogna tornare più o meno a due mesi fa.

Due mesi fa mi trovavo in un laboratorio di Wuhan in Cina ed ero abbastanza stufo di stare rinchiuso lì dentro senza poter vedere il mondo esterno. Tutti i giorni un uomo ed una donna con gli occhi a mandorla e vestiti di bianco mi facevano il solletico con alcuni strani strumenti, e intanto parlavano tra loro delle meraviglie al di fuori di quel laboratorio: un giorno discutevano della meravigliosa acqua cristallina che bagna Cala Macarelleta, a Minorca, in Spagna, un altro giorno degli altissimi grattacieli di New York, un altro ancora della splendida opera gotica risalente al 1386 situata a Milano...mi sarebbe piaciuto tantissimo vedere quelle meraviglie di cui tanto discutevano ma non potevo perché dovevo rimanere in quel laboratorio per essere studiato. Un giorno la curiosità mi vinse e scappai dal laboratorio; appena fuori dalla struttura capii che in quell'ambiente non sarei potuto sopravvivere più di qualche secondo. La mia avventura non era neanche iniziata che era già in procinto di finire. Ebbi però quel che si dice un vero colpo di fortuna: una folata di vento mi condusse all'interno delle vie respiratorie, e quindi dell'organismo, di un uomo che avrà avuto all'incirca una sessantina di anni, capelli brizzolati e occhi castani a mandorla. Avevo trovato l'ambiente ideale dove vivere e riprodurmi. Imparai conoscere quest'uomo, la sua famiglia e le sue abitudini: aveva una splendida moglie, più giovane di lui di qualche anno, e due figlie entrambe più che maggiorenni. Tutti i giovedì si recava al mercato di Wuahn , mentre il martedì e il venerdì si trovava con i suoi amici nel bar sotto casa per una partita a carte. Amava leggere, soprattutto libri gialli, e una sera , mentre commentava l'ultimo giallo letto con la moglie, iniziò a tossire e ad avvertire un dolore lancinante alla testa. Dopo ore di lamentele  decise di provare la febbre e la temperatura era di 37.3 °C. Panico, non sapeva più cosa fare. Si mise a letto con una borsa dell'acqua calda e prese una tachipirina. Si sa che in questi casi gli uomini esagerano sempre, infatti la moglie non si preoccupò più di tanto di assisterlo. I giorni però passavano e la temperatura aveva raggiunto ormai i 39° C. Io iniziavo ormai ad annoiarmi in quel corpo e molto spesso ero infastidito da alcuni anticorpi che non conoscevo; alle volte arrivavamo addirittura a picchiarci, ma vincevo sempre io e loro ,abbattuti, tornavano ai linfociti B dove venivano prodotti. Basta, dovevo trovare un altro luogo più vivace e animato in cui andare...ma come fare? L ‘uomo in cui ero ormai non usciva più di casa e l'unica donna con cui aveva contatti, quindi unica fonte per me di sopravvivenza, era la propria moglie, che però non si schiodava mai dal suo capezzale ...persino la spesa se la facevano portare dalle figlie. E fu in quel momento che ebbi un'idea geniale: dovevo entrare nell'organismo di una delle figlie così che sarei potuto essere libero e avrei potuto conoscere altre persone e altre vite. Optai per la figlia più grande, non per un preciso motivo, ma perché fu la prima a far visita ai propri genitori. Nel momento in cui dovetti abbandonare la casa provai un senso di tristezza, ma dovevo continuare la mia avventura. Certo non sapevo ancora cosa mi sarebbe aspettato... io non riuscivo a capire il perché ma in qualunque organismo umano andassi trascorrevo sempre meno tempo. Non avevo neanche il tempo di abituarmi al nuovo ambiente che dovevo cambiare persona perché questa iniziava a tossire e a respirare male, non potendo più uscire di casa. Non mi lasciai abbattere da questo fatto e neanche dal fatto che tutti gli uomini girassero con mascherine proteggendo le proprie vie aeree, impedendo a me di entrare nel loro organismo. Una bella mattina soleggiata mi imbarcai con una coppia di giovani sposi su un aereo...direzione  Italia. Era la mia opportunità per visitare il duomo di Milano di cui avevo tanto sentito parlare. Il viaggio durò parecchie ore e io potei muovermi liberamente sull'aereo passando da un corpo ad un altro...i passeggeri erano di diverse età, diverso sesso e anche diversa etnia, ma nessuno sembrava presentare i sintomi che avevano presentato le mie ‘'vecchie macchine di incubazione''. Ero sollevato da questo fatto poiché per un breve istante avevo pensato che la causa dei loro malanni fossi io. ‘'Aeroporto Linate'', eccoci finalmente giunti alla nostra meta. Ero al settimo cielo perché finalmente potevo visitare il capoluogo lombardo e stentavo quasi a crederci...ero talmente immerso nella visione di quella caoticità a me nuova che non mi accorsi che avevo abbandonato la coppia di sposi cinesi ed ero all'interno del corpo di un ragazzo di circa 38 anni. Mi accorsi solo quando era ormai troppo tardi che il ragazzo non si stava dirigendo verso il centro di Milano, bensì che la macchina su cui era salito si dirigeva in altra direzione: Codogno. Arrivati notai che il paese era molto piccolo e molto meno frenetico di Milano, ma decisi di conoscere le abitudini di questo ragazzo che viveva in un paesino sperduto nel lodigiano insieme alla moglie e al loro futuro bambino. La vita nei paesini , si sa, è molto monotona e la sua non faceva eccezione...casa, lavoro, uscita al bar o cena con amici. Un giorno ,all'improvviso, questa monotonia venne però interrotta ; il 38enne non riusciva più a respirare e venne immediatamente portato dai medici in terapia intensiva nell'ospedale più vicino. Decisi di rimanere al suo fianco ,ma nel corpo della moglie, per capire cosa gli fosse successo...i medici attribuivano la sua insufficienza respiratoria ad un revirus o, forse era gioiellovirus...ah nono ecco, era corona virus. Trovarono positivi di questo corona virus anche la moglie e i 5 medici che lo avevano per primi soccorsi. Io però non potevo più perdere tempo e dovetti riprendere il mio viaggio. Non so come stia ora quel ragazzo ma spero che lui e la sua famiglia si siano ripresi perché sarebbero stati davvero dei genitori perfetti ... ma torniamo al mio viaggio. Prima di arrivare a Milano visitai altri paesini come Vo' Euganeo e Casalpusterlengo dove conobbi molte persone e vissi molte vite. Ma poi un bel giorno ,grazie ad un giovanotto, riuscii ad arrivare finalmente alla meta tanto attesa...pensavo di non farcela più perché le persone in cui soggiornavo uscivano sempre meno di casa. Ed ora eccomi qui, nella città tanto desiderata. Non vi nascondo che sono abbastanza deluso. Appena arrivato mi recai al supermercato per ricordarmi un po' la gentilezza, l'allegria e il senso di famiglia che si viveva nel mercato di Wuhan. Rimasi scioccato; gente che saccheggiava gli scaffali già semi vuoti, carrelli stracolmi di pietanze che sbattevano gli uni contro gli altri, file chilometriche alle casse con piccole risse e commessi insultati per la mancanza di prodotti...uscii dal supermercato avvilito, ma non mi feci abbattere e decisi che dovevo visitare il Duomo. Ora sono qua che ammiro la guglia con la madonnina, ma purtroppo la chiesa è chiusa e non è possibile vederla all'interno; anche la piazza del Duomo è semideserta e le poche persone presenti non si abbracciano e mantengono una distanza notevole tra loro. Andrò allora verso il castello Sforzesco, lì sarà pieno di mamme con i propri figli che mi tireranno sul il morale...niente, zero assoluto pure qui. Le poche facce che vedo in giro indossano tutte una mascherina e hanno lo sguardo spento...vedere la mia città tanto amata in queste condizioni mi rende molto triste. Inoltre devo dire che la gente che incontro è molto strana... le persone quando starnutiscono riparano lo starnuto con una specie di dab, un'esultanza che andava di moda tra i ragazzini un paio di anni fa, copiata da un famoso calciatore. La maggior parte della popolazione è barricata in casa, lo capisco dalle luci accese, e i bambini sono attaccati a telefoni, televisori e videogame; fino a qualche anno fa i genitori ,durante le giornate soleggiate, obbligavano i figli ad uscire di casa, mentre oggi sono i primi a dare ai propri bambini apparecchi elettronici che li tengano incollati ad uno schermo... la società si sta proprio evolvendo; con tutte le meraviglie naturali che il mondo offre preferiscono stare davanti ad uno schermo. Beh se non se le godono loro le bellezze naturali me le godrò io...è ora di salutare Milano, città triste e deludente, ma probabilmente vi tornerò quando la popolazione sarà tornata a vivere. E adesso, direzione Spagna!



Testo Terzo

PASSATEMPI AL TEMPO DEL CORONA-VIRUS

È l'1 marzo 2020 e mi è appena venuta in mente un'idea grandiosa: raccogliere 2 o 3 amici, i più fidati, per intraprendere un'avventura che possa dare un po' di brio a queste noiose, che dico, noiosissime giornate di stop; continuate a leggere perché d'ora in avanti descriverò tutti i punti salienti di questa, spero emozionante, giornata.

Questo no, lui può andare, quello assolutamente no... ho deciso, i miei compagni di viaggio saranno Mario e Alessandro, non mi resta che convincerli.

Neanche a dirlo hanno accettato immediatamente e hanno chiesto maggiori dettagli del mio malefico piano; ho tirato un gran sospiro e gli ho detto che il nostro obiettivo era quello di entrare nella zona rossa, precisamente a Codogno.

Assimilate le mie parole, con l'espressione di chi non sa se seguire l'angioletto buono o il diavoletto cattivo, dopo qualche secondo di silenzio mi hanno stretto la mano e hanno cominciato a preparare tutte le cose per la spedizione.

Ora non restava altro che trovare il mezzo con il quale raggiungere la famigerata meta, infatti nessuno di noi era maggiorenne e chiedere a uno dei nostri genitori era una scelta un po' azzardata quindi, alla fine, abbiamo optato per prendere un autobus che ci avrebbe portato a circa 3 chilometri da Codogno per poi farci l'ultimo pezzo di strada a piedi.

Verso le 5 di pomeriggio siamo quindi scesi dall'autobus e non prima delle 5,30 siamo arrivati in prossimità delle “porte” di Codogno; potete immaginare come in giro ci fossero più volanti della polizia che persone, abbiamo allora riflettuto un attimo e deciso di scavalcare la staccionata di una cascina abbandonata per entrare nella città senza essere visti.

“Siamo dentro” ho esclamato subito, il cuore ci batteva e non sapevamo cosa fare, non sapevamo se tornare indietro o continuare imperterriti nella nostra impresa; abbiamo taciuto fino a quando Alessandro ha detto che ormai avevamo fatto troppa strada per abbandonare tutto e tornare sconfitti a casa, dovevamo farci coraggio e non pensare alle possibili conseguenze negative.

Non ce lo siamo fatti ripetere due volte, abbiamo ripreso il cammino stando però attenti a non farci vedere dalla polizia e a non toccare niente per evitare di contrarre il temutissimo virus.

Ci siamo aggirati per le desolate vie di Codogno, una scena tetra a cui difficilmente dei ragazzi di sedici anni hanno assistito prima d'ora; non c'era anima viva, un silenzio terrificante rotto solamente dal fruscio del vento.

Nessuno di noi osava proferire parola, ognuno andava dritto per la sua strada seguendo ciò che gli diceva l'istinto; ad un certo punto però sentiamo un suono di sirene farsi sempre più vicino, ci compare davanti una volante della polizia con luci e allarme accesi, ci avevano beccati.

La prima cosa che mi è venuta in mente è stata di scappare senza pensare a niente e nessuno ma poi ho pensato che sarebbe stato solo peggio quindi mi sono fermato e ho convinto Alessandro e Mario a fare lo stesso.

Inutile dire che alla domanda di un poliziotto: “ragazzi che cosa ci fate qui?” abbiamo dovuto raccontare tutto per filo e per segno perché siccome la verità in un modo o nell'altro sarebbe saltata fuori tanto valeva confessarci subito.

Allora, nonostante le nostre suppliche di chiudere un occhio e lasciarci andare via come se nulla fosse, ci hanno portati in caserma e, dopo aver chiamato i nostri genitori, ci hanno dato una sanzione di 360 euro ciascuno e una bella quarantena sorvegliata di 15 giorni.

La punizione dei miei genitori non posso dire sia stata da meno: avrei dovuto tirare fuori i soldi di tasca mia e la quarantena l'avrei dovuta passare senza cellulare e qualsiasi dispositivo elettronico. La morale di questa mia esperienza è che a volte è meglio seguire le regole a noi imposte piuttosto che fare di testa propria perché se no si rischia solo di peggiorare la situazione.

Quindi mi raccomando state tutti a casa!



Testo Quarto

PAURA E CAMBIAMENTO AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

Vivo a Milano da quando ho tre anni e credo di conoscere bene la mia città. Il centro, la mia zona e porta Venezia in particolare, poiché sono le aree che più frequento. Ogni giorno sulla mia strada per andare a scuola attraverso piazza Lima e dal finestrino osservo corso Buenos Aires, affollato come sempre, come ogni ora del giorno: chi lavora, chi va a scuola, chi è già intento, alle 8 di mattina, a fare shopping. Negli ultimi giorni mi è capitato di percorrere la stessa strada, anche se a piedi e non diretta a scuola, e non dirò che corso Buenos Aires si è svuotato, perché non è vero (nonostante si stia dipingendo una visione “catastrofica” della vita di noi milanesi), ma certamente si respira un'aria diversa, un'atmosfera insolita. Vedere sempre più persone munite di mascherina, avere l'obbligo di rimanere ad un metro di distanza dagli altri mentre si fa la fila nei negozi, farmacie che annunciano di avere finito gli igienizzanti, gli scaffali vuoti dei supermercati: tutti fattori che alimentano la sensazione di tensione che ormai caratterizza la vita quotidiana di tutti noi.

Più i giorni passano, più diventano restrittive le misure di sicurezza che ci vengono imposte: siamo stati persino obbligati ad evitare contatti fisici “inutili” (come se in fondo ne esistano di “utili”) e ci è vivamente consigliato di rimanere a casa, prigionieri delle nostre abitazioni. È abbastanza chiaro che restare tutte queste settimane senza contatti esterni, chiusi in camera propria, migrando ogni tanto in cucina per trovare qualcosa da sgranocchiare, senza impazzire è impossibile, soprattutto quando ci sono giornate come quella in cui sto scrivendo queste parole, con un cielo senza nuvole e un tepore primaverile nell'aria. Sembra quasi una tentazione in cui è difficile non cadere, pure per una come me che ama rimanere nella comodità della propria casa. Eppure, ahimè, il buon senso - e il Governo - mi dettano di sacrificare queste giornate meravigliose per bene mio e degli altri.

Mentre però, seduta alla mia scrivania, attendo e ricevo email e indicazioni di lavoro dai miei professori per i prossimi giorni di questa “vacanza inaspettata”, molte sono le riflessioni che insorgono dentro di me, soprattutto di fronte ai diversi atteggiamenti delle persone nei confronti di questa situazione nuova e senza precedenti.

Purtroppo la prima reazione in assoluto delle persone è stato il panico più totale. Gente che si precipita nei supermercati per fare scorte, a volte arrivando persino a picchiarsi per aggiudicarsi l'ultimo prodotto rimasto su uno scaffale; chi si sigilla in casa propria evitando qualsiasi forma di contatto con il mondo esterno; chi ancora semina odio nei confronti dei cinesi, considerati gli “untori”; politici che alimentano questa situazione di terrore… Scene da film di fantascienza sull'apocalisse (o da Manzoni). Eppure questa è l'Italia oggi. Io sono convinta che queste persone siano mosse da due principali fattori, ovvero l'ignoranza e la paura, entrambi strettamente legati tra di loro da un rapporto di causa-effetto: come si vede soprattutto negli animali, il nostro istinto ci porta ad aver paura di fronte a qualcosa che non conosciamo. Ma noi, a differenza degli altri esseri viventi, siamo dotati della ragione e nelle situazioni di pericolo dovremmo cercare di seguirla più di quanto si creda che sia giusto. La paura della gente disinformata si è chiaramente manifestata in questi giorni creando una vera e propria “psicosi”, per la quale quella che stiamo vivendo sarà l'epidemia che ci ucciderà tutti. Dall'altra parte, però, con il passare dei giorni sembra che siano in molti ad aver già abbassato la guardia: molti decidono di continuare la propria vita normale in quanto si ritengono abbastanza esperti da poter affermare l'eccessivo allarmismo diffuso tra gli italiani. Entrambi questi atteggiamenti non possono che non farci riflettere: quale è quello “giusto” da seguire? Risposta: nessuno dei due. Non si può neanche parlare di una “via di mezzo” perché dosando due comportamenti errati non si può che ottenerne un altro ugualmente sbagliato. Ma allora, perché la gente agisce in questo modo?

Come detto qualche riga sopra, l'ignoranza causa paura. Si potrebbe dire che quella di oggi nei confronti di questo nuovo virus è semplicemente la paura di essere infettati o addirittura di morire, ma io personalmente ritengo che la questione sia un'altra. Il terrore delle persone è quello di dover cambiare. Cambiare il proprio modo di vivere, le proprie abitudini, la quotidianità. Il cambiamento spaventa sempre perché è difficile cambiare la propria normalità. Per alcuni di più, per altri di meno, ma è chiaro che adattarsi a situazioni che richiedono di uscire dalla propria vita normale rechi disagio, e credo che chiunque lo abbia provato sulla propria pelle. Ecco, io sono sicura che la cosiddetta “psicosi da coronavirus” sia causata proprio da questo, dalla paura di dover cambiare le proprie abitudini, con il dubbio che nulla forse potrà mai tornare come prima. Per evitare totalmente questo disagio, invece, in molti ignorano il tutto continuando a vivere normalmente, come se non ci trovassimo in un momento estremamente delicato. L'ignorare è un'altra forma di difesa che alcuni adottano come risposta alla paura: se non abbandono mai la mia vita normale, non avrò alcun disagio. Questo, ovviamente, è un atteggiamento totalmente irresponsabile ed egoista, e lo dimostrano moltissimi giovani che, essendo scientificamente i più resistenti al virus, ignorano le norme e le misure fornite dal governo per limitare il contagio non pensando alle altre categorie di persone più fragili con cui vengono a contatto.

Io stessa, come tutti gli italiani, sono stata costretta a dover cambiare e ciò non ha potuto fare altro che recarmi disagio, iniziando dal non poter andare a scuola e dover seguire delle lezioni via internet, oppure semplicemente dover limitare il contatto con il mondo esterno e con le altre persone. Tutti speriamo di tornare alla normalità, è naturale, ma è fondamentale non lasciarsi prendere dal panico e dallo sconforto e saper trarre da questo difficile periodo, che lascerà un segno nella Storia con la S maiuscola, un insegnamento di vita: come si è visto, tutto può cambiare da un giorno all'altro e sta a noi avere la capacità di adattarsi e di vedere il lato positivo del cambiamento.



Testo Quinto

TIC TAC, TIC TAC

Gira la lancetta di nuovo, ma io non mi muovo. Qui sdraiato sul letto sto sognando e nel sogno esco corro mi sfogo. Ma io non mi muovo.

Mi sveglio di soprassalto, pensando di essere in ritardo ma poi mi ricordo che oggi io non mi muovo. Resto qui tra i miei sogni; sogni che forse in questi giorni sono più degli occhi, che mi aprono finestre su luoghi dove scappo e mi rifugio per distrarmi e per non fare i conti col mondo, per qualche minuto, per qualche secondo.

Ma non posso scappare per sempre e tic tac, tic tac gira ancora la lancetta e mi alzo e mi vesto di fretta, mi spoglio di quell'onirica armatura e improvvisamente, come un fiume in piena e come un maremoto mi travolge quel vuoto che da troppi giorni sento divorarmi da dentro; tarlo dell'animo. Non ho più fiato e crollo in ginocchio. Intorno a me si fa tutto ovattato e proprio quando sembra che abbia toccato il fondo mi tuffo nel vuoto e lo affronto.

Non è facile combattere con se stesso e abbattere tutti i pensieri, a volte bugiardi a volte veritieri, che come mute di cani da caccia ti braccano aspettando solo che tu ti arrenda a quel peso che da dentro ti schiaccia.

Noi siamo ingranaggi perfetti abituati a ripetere costantemente gli stessi gesti in un susseguirsi di giorni tutti uguali. Ora il nostro macchinario è fermo mentre il tempo tiranno incede sovrano e non si cura di noi miseri uomini che, nella stasi, non sappiamo più dove scappare dai nostri problemi tanto a lungo sepolti e invano dimenticati nel turbine della nostra esistenza.

Nella stasi e nella noia dell'ape operaia senza alveare ci è data una grande occasione; difficilmente altrimenti l'avremmo, anche perché spesso, per paura, non la cerchiamo affatto. Possiamo guardarci un po' dentro e scavare a fondo e scendere a patti coi nostri pensieri più bui relegati in quegli anfratti della mente che vorremo cancellare per non affrontarne le conseguenze.

E piango.

Piango un pianto catartico che come pioggia salvifica mi scuote da quel gelido torpore in cui stavo statico nella stasi di queste giornate; d'improvviso mi sento, come non mai, affamato di vita. E allora vivo e respiro la vita e riscopro la bellezza di un petalo di rosa trasportato dal più dolce dei venti; piroetta nell'aria al ritmo di una danza che solo lui conosce, sulle note di una stupenda canzone che risuona in armonia con ogni mia singola cellula. Anche io ballo come un mimo sgraziato, ma non mi importa perché mi sento vivo e sento il tepore del sole che mi accoglie, in un amorevole abbraccio.

E rido.

Rido perché finalmente sto imparando ad apprezzare ciò che ho sempre dato per scontato e nel farlo riscopro quanto esso mi sia caro e ringrazio per questo dono che mi è stato concesso. Ho avuto bisogno di un cambio così radicale per riuscire a capire ciò che davvero è essenziale e per scendere a patti col mostro sotto al mio letto, che alla fine altro non è che un me stesso bambino impaurito bisognoso d'affetto. Ma oggi l'ho fatto, ci sono riuscito e se domani non ce la farò avrò un altro giorno e uno ancora dopo in cui ritenterò.

E allora tic tac, tic tac gira ancora la lancetta, questa volta senza alcuna fretta. Sento quel vuoto tornare ma ora so cosa fare, lo abbraccio forte e lo prendo per mano e lo aiuto a guardare lontano. Lo porto con me nei miei sogni e parliamo e scherziamo e forse finalmente imparo la lezione più importante che questa vicenda ha da insegnare. Finalmente imparo ad amare.



Testo Sesto

ACCOUNT UFFICIALE DI MARIO ROSSI: @mariorossi

ISCRIZIONE: Aprile 2015

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@mariorossi, ore 18:36 11 Gennaio 2020

Il coronavirus, di cui vi parlavo l'altro giorno, ha iniziato a mietere le prime vittime in Cina; beh è ovvio, quelli là si mangiano i pipistrelli no? #stoppipistrelli #COVID-19

@mariorossi, ore 17:58 23 Gennaio 2020

A Fiumicino, giustamente, sono scattati i controlli sui voli in arrivo dall'area di Wuhan; ma vi dirò di più, perché non rimandiamo a casa i cinesi che sono già qua?                                             Nel frattempo, hanno isolato completamente la città di Wuhan, come sono esagerati. #COVID-19

@mariorossi, ore 20:43 30 Gennaio 2020

Primi due casi accertati anche in Italia, e indovinate un po'? Sono cinesi! Figurati! Chi se non loro? L'avevo detto io che dovevano starsene lì! Perlomeno abbiamo chiuso il traffico aereo da e per la Cina. #tornateveneacasavostra #COVID-19

@mariorossi, ore 14:22 22 Febbraio 2020

Dopo un paio di settimane di stallo, si registrano centinaia di casi anche qui in Italia, con i focolai maggiori nel lodigiano e in Veneto. Scuole chiuse per tre giorni in Lombardia, Trentino, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna.                                                                               Quanto allarmismo! Tutto questo per un'influenza! Tanto muoiono solo i vecchi, e per di più già malati! #esolounainfluenza #COVID-19

@mariorossi, ore 15:29 27 Febbraio 2020

Oggi mi sono svegliato con la luna storta ripensando a tutta questa situazione. Ma si può?! Questi mangiano i topi vivi, si prendono le malattie, e le portano a noi. Roba da matti! #stoptopivivi #COVID-19

@mariorossi, ore 11:37 29 Febbraio 2020

Scuole chiuse fino al 15 Marzo, inizio ad avere paura. Ora vado al supermercato e prendo tutto quello che posso, non si sa mai. #svaligiamoilsupermercato #COVID-19

@mariorossi, ore 17:36 1 Marzo 2020

Qui siamo alla follia!! Leggo di Paesi che bloccano i voli da e per l'Italia, che impediscono ai passeggeri di scendere! Ma dove siamo?! Mica siamo cinesi noi! Ci trattano come degli appestati, degli untori! Maledetti cinesi che hanno iniziato tutto questo!  #noinonsiamocinesi #COVID-19

@mariorossi, ore 16:52 8 Marzo 2020

I miei più grandi timori si sono avverati: stasera l'Inter ha giocato contro i gobbi e abbiamo perso. Questa è la peggiore notizia da due mesi a questa parte. Ladri maledetti!                      Ah, quasi mi dimenticavo, tutta Italia in quarantena fino al 3 Aprile. #conteout #juveladra #COVID-19

In questi interminabili giorni di quarantena, ho avuto modo di raccogliere delle frasi che mi hanno colpito particolarmente per la loro mediocrità: la fonte principale di queste frasi è Twitter, social network che io apprezzo molto, ma nel quale le persone danno sfogo alle loro frustrazioni; in aggiunta ho inserito anche frasi dette da qualche politico. Al mio ”italiano medio”, Mario Rossi, non ho dato alcun indizio circa l'età, in quanto le frasi sono state dette da persone di generazioni completamente diverse. Questa è la pagina iniziale del suo account.



Testo Settimo

LA PAURA DI CHI CONOSCE

Argomento attuale. Che lo si voglia o no è questo che si scrive su ogni giornale, che si discute ogni ora di ogni giorno sulla televisione internazionale. È questo che si trova sulla bocca di tutti. SARS-Cov-2. Così è stato chiamato il virus che sta devastando la popolazione italiana e non solo. Argomento attuale, tutti ne parlano, troppi. Troppa gente che parla senza sapere, troppa gente che sa senza poter parlare. Allora perché scrivere un testo da ignorante? Perché creare una storia attorno a un argomento così importante? Perché essere uno dei tanti ‘opinionisti improvvisati'?

Non trovo risposta a queste domande. Non penso di essere la persona giusta per un argomento così forte e così attualmente problematico. Non mi ritengo la persona adatta a parlare di un qualcosa che non sto vivendo in prima persona e che non conosco dal vivo. In questa creazione letteraria allora ho deciso di non scrivere. Ho deciso di fare un'operazione più importante e più funzionale all'argomento. Ho deciso di dare la voce a chi sta veramente vivendo il problema Coronavirus e a chi sta lottando per salvare vite. Allora in questo elaborato, vesto i panni di uno scrittore che non scrive, non parla, non dà proprie opinioni. Semplicemente mi limiterò a riunire alcune delle tante testimonianze di chi vive ogni giorno per gli altri.

Diamo voce a chi merita di averla.

“Noi e i nostri genitori la guerra non l'abbiamo vista. O meglio non l'avevamo vista ancora. Ho sempre pensato di essere un cavaliere che sfida a duello rusticano la morte. Restituire l'anima a chi l'ha perduta, mi spiegavano da studente fosse il significato di Rianimazione. Macché, fine del film di 30 anni di professione. Fine del delirio di onniscienza e onnipotenza. Il duello non è più rusticano, non è più uno a uno. Il nemico adesso ti accerchia, sembra come in quei film dove per ognuno che fronteggi, dieci ne spuntano da tutte le parti. Puoi solo contenere o abbandonare, e tu, colpito mille volte, non sai neanche perché non muori. Forse per vedere, forse per testimoniare un'umanità che si affanna, che si stringe, che lotta, che sviene, che piange e poi riparte. Forse per vedere la paura di chi curi e quegli occhi che non dimenticherai più, incredibilmente dignitosi come se sapessero che stai facendo il massimo.

Non so quando finirà ma so che finirà.

Quando questo accadrà chi si è ammalato capirà tante cose e chi ha curato sarà un medico o un infermiere migliore. Ma il vero valore sarà ciò che tutto il resto dell'umanità, che per sua fortuna ne è rimasta fuori, dovrà cogliere: il valore della solidarietà, dell'unione, dell'inutilità di moltissime cose e della grandezza di poche.”

Responsabile Anestesia e Rianimazione, Humanitas Gavazzeni, Bergamo.

"Alla fine un turno delirante durante questa emergenza, prima di tornare dai miei figli, con ancora i segni della tuta anti contaminazione e delle mascherine.

Chiusa dentro una stanza per ore senza poter bere o grattarsi semplicemente il naso, per intubare ed assistere un paziente contagiato prima di portarlo in rianimazione in un ambiente surreale. Stanca, nervosa e arrabbiata.  Per cui non mi interessano le vostre c.....e di dove dovete andare. State a casa c...o! State a casa! Perché se non capite cosa succede e che di Coronavirus si muore, capite almeno che i posti in rianimazione finiscono, gli anestesisti sono sempre gli stessi e gli incidenti, gli infarti, gli ictus e tutte le altre problematiche continuano a esistere e noi siamo sempre gli stessi: vulnerabili, stanchi, schiacciati, ma che resistono e continuano a testa bassa finché si può, poi forse si torna a casa. Non siamo eroi, facciamo il nostro mestiere".

Vivian Perniciaro, anestesista dell'ospedale San Martino di Genova.

“Ciao. Da lunedì sono stata messa in medicina. Inizialmente ero sui letti di quelli considerati "puliti", senza Covid, da stamane sono invece sui pazienti positivi al Covid con polmoniti gravi e alcuni con vere e proprie crisi respiratorie che si manifestano in maniera repentina e vanno immediatamente ventilati. Sembra di essere un ospedale da campo in guerra. Tra i pazienti anche giovani di 40-50 anni che sono quelli peggiori. Ci sono momenti che mi viene da piangere. Allora  dico “Veni santo spirito...”. Mi sento completamente inadeguata. Ma poi penso che se non ci fossi io, là non ci sarebbe nessun altro. Lui mi vuole li. Non lo so perché. Spero finisca presto, ma da ciò che ho visto non credo sarà possibile. Ti chiedo una preghiera.  Notte.”

“Carissimi, grazie per le vostre preghiere. Dopo il primo attacco "di panico" legato alla gravità dei pazienti e al fatto che mi trovo a fare un lavoro tutto nuovo, in questi due giorni mi sono totalmente affidata a Lui e questo mi ha permesso di lavorare con meno ansia, cercando di seguire al meglio i casi, eseguire i comandi di chi è più esperto di me, rendendomi disponibile in tutto e per tutto. Oggi ne sono morti due. Una alle 6 di stamane e l'altra alle 16 mentre ero li. E' drammatico perché muoiono da soli, nessun parente può entrare, neanche al Sacerdote è permesso. Volevo stare lì e dire almeno una decina ma ho avuto solo il tempo di dire “Veni Sancte Spiritus” e l'Eterno riposo. Domani lavorerò ancora perché per quanto siano venuti in soccorso anestesisti dell'esercito rimaniamo in pochi. Loro coprono le notti. Alcuni colleghi che potevano essere inseriti nelle turnazioni sono o ricoverati a Pavia/Sacco o sono a casa in quarantena. Continuate a  pregare. Vi abbraccio forte.”

Medico spostato di reparto per l'emergenza.

“Quando il messaggio della pericolosità di ciò che sta accadendo non arriva alle persone e sento ancora chi se ne frega delle raccomandazioni e gente che si raggruppa lamentandosi di non poter andare in palestra o poter fare tornei di calcetto rabbrividisco. Piantiamola di dire che è una brutta influenza. La guerra è letteralmente esplosa e le battaglie sono ininterrotte giorno e notte. I casi si moltiplicano, arriviamo a ritmi di 15-20 ricoveri al giorno tutti per lo stesso motivo. I risultati dei tamponi ora arrivano uno dopo l'altro: positivo, positivo, positivo. Una guerra che molti non erano così certi sarebbe arrivata con tale ferocia. Io stesso guardavo con un po' di stupore le riorganizzazioni dell'intero ospedale, quando il nostro nemico attuale era ancora nell'ombra: i reparti piano piano letteralmente ‘svuotati', le attività elettive interrotte, le terapie intensive liberate per creare quanti più posti letto possibili. I container in arrivo davanti al pronto soccorso per creare percorsi diversificati ed evitare eventuali contagi. Cambiamenti che portavano nei corridoi dell'ospedale un'atmosfera di silenzio e vuoto surreale che ancora non comprendevamo, in attesa di una guerra che doveva ancora iniziare e che molti (tra cui me) non erano così certi sarebbe mai arrivata con tale ferocia. Ora però c'è quel bisogno di posti letto in tutta la sua drammaticità. Uno dopo l'altro i reparti che erano stati svuotati, si riempiono a un ritmo impressionante. I tabelloni con i nomi dei malati, di colori diversi a seconda dell'unità operativa di appartenenza, ora sono tutti rossi e al posto dell'intervento chirurgico c'è la diagnosi, che è sempre la stessa maledetta: polmonite interstiziale bilaterale. Le terapie farmacologiche per questo virus sono poche. Il decorso dipende prevalentemente dal nostro organismo. Noi possiamo solo supportarlo quando non ce la fa più. Si spera prevalentemente che il nostro organismo debelli il virus da solo, diciamola tutta. Le terapie antivirali sono sperimentali su questo virus e impariamo giorno dopo giorno il suo comportamento. Stare al domicilio sino a che peggiorano i sintomi non cambia la prognosi della malattia.

 Ci sono i medici pronti a cercare di dare il meglio per i malati, ma esausti. Ho visto la stanchezza su volti che non sapevano cosa fosse nonostante i carichi di lavoro già massacranti che avevano. Ho visto le persone fermarsi ancora oltre gli orari a cui erano soliti fermarsi già, per straordinari che erano ormai abituali. Ho visto una solidarietà di tutti noi. Medici che spostano letti e trasferiscono pazienti, che somministrano terapie al posto degli infermieri. Infermieri con le lacrime agli occhi perché non riusciamo a salvare tutti e i parametri vitali di più malati contemporaneamente rilevano un destino già segnato. Non esistono più turni, orari. La vita sociale per noi è sospesa. Io sono separato da alcuni mesi, e vi assicuro che ho sempre fatto il possibile per vedere costantemente mio figlio anche nelle giornate di smonto notte, senza dormire e rimandando il sonno a quando sono senza di lui, ma è da quasi 2 settimane che volontariamente non vedo né mio figlio né miei familiari per la paura di contagiarli e di contagiare a sua volta una nonna anziana o parenti con altri problemi di salute. Mi accontento di qualche foto di mio figlio che riguardo tra le lacrime e qualche videochiamata. Abbiate pazienza anche voi che non potete andare a teatro, nei musei o in palestra. Cercate di aver pietà per quella miriade di persone anziane che potreste sterminare. Non andate in massa a fare scorte nei supermercati: è la cosa peggiore perché così vi concentrate ed è più alto il rischio di contatti con contagiati che non sanno di esserlo. Ci potete andare come fate di solito. Magari se avete una normale mascherina (anche quelle che si usano per fare certi lavori manuali) mettetevela. Non cercate le ffp2 o le ffp3. Quelle dovrebbero servire a noi e iniziamo a far fatica a reperirle. A causa dello scarseggiare di certi dispositivi, io e tanti altri colleghi siamo sicuramente esposti nonostante tutti i mezzi di protezione che abbiamo. Alcuni di noi si sono già contagiati nonostante i protocolli. Alcuni colleghi contagiati hanno a loro volta familiari contagiati e alcuni dei loro familiari lottano già tra la vita e la morte. Noi non abbiamo alternativa. È il nostro lavoro. Alla fine cerchiamo solo di renderci utili per tutti. Ora cercate di farlo anche voi però: noi con le nostre azioni influenziamo la vita e la morte di qualche decina di persone. Voi con le vostre, molte di più”.

Daniele Macchini, Humanitas Gavazzeni, Bergamo.

Se una persona tra gli 80 e i 95 anni ha una grave insufficienza respiratoria, verosimilmente non procedi. Se ha una insufficienza multi organica di più di tre organi vitali, significa che ha un tasso di mortalità del cento per cento. Ormai è andato. Lo lasciate andare? Questa è una frase terribile. Ma purtroppo è vera. Non siamo in condizione di tentare quelli che si chiamano miracoli. È la realtà. Tanti miei colleghi stanno accusando questa situazione. Non è solo il carico di lavoro, ma quello emotivo che è devastante. Ho visto piangere infermieri con trent'anni di esperienza alle spalle, gente che ha crisi di nervi e all'improvviso trema. Voi non sapete cosa sta succedendo negli ospedali, per questo ho deciso di parlare.”

Dottor Salaroli, anestesista rianimatore a Bergamo.

Le cicatrici sono segno di sofferenza ma anche di guarigione. State a casa gente, state a casa. Fatelo per voi, fatelo per i vostri cari. Fatelo per gli sconosciuti, fatelo per i più deboli. Fatelo per noi. La mia vita e quella dei professionisti che lavorano con me si è catapultata in un mondo parallelo da inizio settimana... ci facciamo forza a vicenda e ci mettiamo un sorriso sotto quelle mascherine che ci lasciano dei solchi che arrivano fino all'anima. Vogliamo aiutare chi ha bisogno di noi, dobbiamo aiutarli, possiamo aiutarli. Aiutateci a farlo dovete solo seguire le raccomandazioni. Ve lo chiediamo per favore”.

Sara Colombo, infermiera in prima linea a Milano, mostrando i segni sul suo volto lasciati dalla mascherina.

Mi sono reso conto che ho preso un po' "sottogamba" questa questione del coronavirus per giorni, e adesso non è più possibile farlo.

Io lavoro in ospedale e la situazione è REALMENTE al collasso totale, stanno creando posti letto ovunque perché i pazienti che hanno bisogno di essere intubati sono veramente TANTI, gli infermieri e i medici si stanno ammazzando ai turni e anche le nostre condizioni da oggi sono ancora più restrittive.

Le conseguenze sono pesanti sia per ognuno di noi (nessuno che sta bene rischia di morire con il COVID, ma è ovvio che se non ci sono mezzi e risorse per essere intubati o per fare una C-PAP le conseguenze potrebbero essere più gravi) che per il sistema sanitario (una mia amica infermiera che lavora al piano sopra di me vede ogni giorno scelte tra chi vive e chi muore, e in generale tanti amici medici ti scrivono dicendo "non hai idea della situazione...").

Volevo scrivervi perché spesso ho sentito dire in questi giorni "eh, ognuno ha la sua sensibilità di fronte a questo problema..."...ecco, no.

Non c'entra un c...o la sensibilità qui, e se uno non lavora nel campo medico ancora meno.

C'entra il fatto che bisogna ubbidire alle indicazioni che ci vengono date di non uscire se non per una passeggiata o per motivi essenziali cercando di evitare i luoghi affollati, ma ubbidire DAVVERO, che ci vada bene o meno, senza interpretazioni, per cercare di arginare la cosa insieme, dando una mano a chi lavora in ospedale, facendo anche dei sacrifici dovuti all'isolamento, senza affannarsi perché la vita continui come se niente fosse successo, altrimenti il problema diventerà ancora più pesante e drammatico.

Da un po' abbiamo iniziato a dire il rosario tutte le sere con mia moglie perché il buon Dio ci aiuti a dire il nostro piccolo sì, che passa anche attraverso questa situazione e l'ubbidienza a questa circostanza, in modo semplice e senza far finta che la cosa tocchi tutti "tranne me".”

Amico medico via Whatsapp.

Queste sono le testimonianze di tutte quelle persone che stanno lottando sul campo contro il coronavirus. Penso non ci sia bisogno di aggiungere altro a queste parole che dicono già molto, forse troppo. È facile diffondere storie felici, storie con lieti fini e con trame piene di belle sorprese. Più difficile è invece diffondere messaggi e storie piene di tristezza, perché la gente purtroppo pensa di aver subito fin troppe ferite e fin troppe delusioni dalla vita. Diffondere storie difficili allora diventa il vero compito di chi scrive, aprire gli occhi a gente piena di possibilità per essere felice, ma troppo concentrata su ciò che invece la rende triste. Se solo invece queste persone imparassero a vedere la vera tristezza nella vita di chi gli sta attorno e di chi vive veramente situazioni difficili, allora forse si renderebbero conto di quanto sono fortunate.

Si pensa troppo a se stessi. Si è troppo ciechi per alzare lo sguardo e vedere ciò che ci sta attorno; forse perché abbiamo paura. Paura che ciò che ci circonda sia troppo brutto, o al contrario... forse la vera paura è che sia troppo bello.

In questo momento difficile mi appello a tutte le testimonianze raccontate precedentemente e mi faccio a mia volta portavoce di un importante messaggio che a quanto pare è importante ripetere più e più volte: STATE A CASA



Testo Ottavo

CONSIDERAZIONI SULL'EMERGENZA CORONAVIRUS

In questi giorni mi è capitato, per così dire, di avere molto tempo per riflettere. E, vivendo in sostanza nell'epicentro dell'epidemia di coronavirus in Italia, mi rendo sempre di più conto di quanto nessuno di noi italiani fosse preparato ad un evento di questa portata. Considerato ciò, è ancora più incredibile quello che stiamo riuscendo a fare, così come questo lato “nuovo e mai visto” del nostro paese, di incredibile solidarietà e unione (seppur solo in senso figurato e non fisico).

Non possedevamo (e tutt'ora non possediamo) le infrastrutture, i fondi ed il personale necessario per affrontare una infezione virale della portata del Covid-19, e nemmeno i protocolli adeguati a contenere il contagio, ma stiamo comunque riuscendo a compiere progressi nel fronteggiare questa emergenza. Certamente, il numero di contagiati e vittime continua a salire, e vista l'incredibile attenzione mediatica che questa situazione ha ricevuto, a volte si fa fatica a comprendere a pieno che oltre a quei numeri vi siano effettivamente persone, vite, che purtroppo si spengono prematuramente. Ma bisogna ricordare anche che in alcune zone, quali Codogno, si sta lentamente sconfiggendo l'infezione.

Questo non vuol dire che si possa abbassare la guardia, neanche per un secondo, anzi, siamo nel momento critico per la “guarigione” del nostro paese, ma si può guardare a Codogno come un faro di speranza, un luogo-modello che è anche allo stesso tempo una visione dell'Italia che si riprenderà, seppure non immediatamente, da questo orrore.

Sono stati compiuti degli errori, anche piuttosto gravi, nel fronteggiare questa emergenza, sia da parte del governo che della popolazione, e parte di questi hanno giocato o giocheranno un ruolo fondamentale nei prossimi giorni (come la fuga di notizie relative alla limitazione degli spostamenti e la conseguente fuga di persone dalle regioni del Nord). Però guardando ad altri paesi, come il Regno Unito, che nonostante una ingente presenza di contagiati non ha ancora preso provvedimenti per la sicurezza pubblica, questi errori sono quasi comprensibili (diciamo la verità, nessuno di noi si aspettava che una simil-influenza proveniente dalla Cina avrebbe provocato un tale disastro).

La parte di questa vicenda che ha dell'incredibile è invece relativa alle persone di tutti i giorni, volontari e personale medico in primo luogo, che stanno affrontando una emergenza di proporzioni mai viste con un coraggio straordinario, come una sorta di eroi del quotidiano.  A vederla da fuori, la si potrebbe paragonare quasi a Davide contro Golia, scontro il cui esito speriamo tutti sia il consueto. Mi ha stupito profondamente anche la grande quantità di donazioni effettuate da privati (ammetto candidamente che non speravo noi italiani fossimo un popolo così unito ed altruista), e allo stesso modo sono stato colpito negativamente dalle truffe che sono sorte relativamente a questa emergenza. Stento a credere che qualcuno riesca ad essere tanto sconsiderato da mettere a rischio la salute degli altri, ma in questo caso in particolare anche la propria e quella dei propri cari, per arricchirsi illecitamente in una situazione del genere. Non dico si debba lavorare per forza senza essere retribuiti, ma da qui a vendere ad un enorme sovrapprezzo e in maniera illegale mascherine che neanche funzionano c'è una ampia via di mezzo.

Anche se a volte esempi di questo tipo mi demoralizzano, sono estremamente fiducioso. Confido nella buona volontà che molti hanno dimostrato, ma anche nell'esempio cinese: in Cina, almeno ufficialmente, non si registrano quasi più nuovi contagiati, se non in prevalenza persone provenienti dall'esterno del paese. Se ce l'hanno fatta loro, sono sicuro riusciremo a superare questo momento buio anche noi. Avanti Italia! (anche, se per ora, si resta a casa).



Testo Nono

#tuttoandràbene

Sono giorni difficili.

Eppure mi sveglio e mi dico: oggi andrà tutto bene.

Lo ripeto più volte nel silenzio della mia stanza, come un mantra.

Poi mi alzo,  faccio colazione ed incrocio gli occhi rassicuranti di mio padre appena tornato a casa con il Corriere sotto braccio.

Mia madre dorme ancora, ma forse è meglio così,  le quattro mura in cui si trova la rendono particolarmente nervosa: quando si sveglia passa infatti il resto della giornata a cucinare improbabili ricette prese su internet e a ricordarmi di fare i compiti, ripassare, fare esercizi, non chattare, di smettere di giocare alla Play … di non respirare a pieni polmoni che è pericoloso.

E' il solito rituale di tutti i giorni, ripetitivo e noioso.

Torno in camera e comincio a leggere e mi ritrovo come di incanto dall'altra parte del mondo, in Vietnam con il fiato sospeso per la guerra, ad ascoltare il rumore sordo degli aerei che si avvicinano ed il sibilo delle bombe che cadono polverizzando interi villaggi e foreste. Mi nascondo sottoterra in cunicoli che sembrano non finire mai, al buio  respirando il penetrante odore del napalm.  Sto in silenzio per ore trattenendo il fiato per la paura; tra poco tutto sarà finito e potrò finalmente tornare in superficie,  sempre che i  nemici non mi trovino e mi facciano saltare in aria. Sento le loro voci sopra di me e sono terrorizzato.

Smetto di respirare sino a  che le mie narici si riempiono di un gradevole odore di pizza.

E' l'ora di pranzo: sono salvo, per modo di dire.

Passo solo da una guerra all'altra: lì c'erano i marines, i vietcong, gli elicotteri Bell; qui c'è un nemico incorporeo e vigliacco che si chiama come l'ultimo modello di uno smartphone; non ti fronteggia a viso aperto, si nasconde, spesso nelle persone anziane e salta fuori all'improvviso facendoti mancare quanto di più prezioso al mondo: l'aria.  

Mi precipito in cucina e mangio con avidità come fosse l'ultimo pasto di un condannato a morte. La mia non è però fame è solo un modo di far passare il tempo che non passa mai. Se fossero commestibili divorerei le ore del giorno per far finire quanto prima questa orribile prigionia. Le energie certo non mi mancano, visto che il massimo della fatica che faccio è spostarmi da una stanza all'altra come un detenuto.  Mentre sto mangiando mia madre mi racconta i numeri della strage; mio padre l'ascolta e l'aggiorna delle ultime notizie apprese dal giornale.

Mi sembra di essere al cimitero.

E' quasi l'una. Vado in sala, come al solito, per vedere la televisione. Il protagonista è sempre lui, quel viscido  essere che sembra più una mina galleggiante che una corona. Non si parla d'altro.

Stufo mi ritiro nella mia stanza e ascolto l'ultima lezione di matematica e sento i miei compagni di prigionia segregati nelle loro case.

Per fortuna si fanno le tre: finalmente è arrivata l'ora d'aria. Mi vesto, metto il piumino e corro in cortile. Nell'androne c'è Mimmo, che lustra un pavimento quasi brillante; due annoiati in cerca di una fiamma che dia un senso alla giornata.

Dopo qualche minuto rimango solo e comincio a girare in tondo come uno dei carcerati di Van Gogh, loro erano però in tanti e con un braccio l'uno sulla spalla dell'altro. Se fossero qui adesso dovrebbero starmi ad  almeno un metro di distanza.

Il cielo si sta aprendo, l'aria è tiepida come in uno dei primi giorni di primavera.

E' allora che mi arriva un video da Istagram: ragazzi e ragazze seduti di notte sui ballatoi di una Napoli quasi addormentata che cantano in dialetto.

Erano soli,  annoiati e preoccupati  come me, ma non hanno mollato, non hanno ceduto alla disperazione e hanno deciso di non arrendersi,  di unire le loro solitudini ed affrontare il grande nemico, il signor  Smartphone. La canzone sale dolcemente verso il cielo, spandendo tutt'intorno dolcezza e serenità;  per qualche attimo sono al loro fianco, sferzato dalla dolce brezza del Golfo, abbracciato a tanti nuovi amici che non sapevo di avere.

Siamo un piccolo grande esercito che ha deciso di vivere, di  affrontare tutti insieme il  nemico corpo a corpo.

Non ho più paura, provo anzi una strana sensazione che non avevo mai provato, una forza inaspettata che ha voglia di scatenarsi. Tutto  ora mi sembra diverso, persino l'angusto cortile del carcere  tornato ad essere il mio verdeggiante giardino  brulicante di vita.

Rientro accaldato in casa e mi metto sul computer per rivedere i miei nuovi commilitoni, ma trovo nuovi combattenti, siamo migliaia e continuiamo a crescere.

Passo diverse ore su internet in preda ad un entusiasmo ed una foga indescrivibili fino  alle sei quando mi ritrovo nuovamente nella mia stanza  distratto da un baccano infernale proveniente da fuori.

La strada è deserta, non c'è nessuno, eppure si sente gente cantare.  Una giovane  voce  domina sulle altre e ci sprona a farci sentire ancora più forte a volare ancora più in alto nel blu dipinto di blu; poi ci ricorda che domani alle dodici ci ritroveremo per cantare tutti insieme l'inno d'Italia e a fare un applauso a tutti coloro che sono in prima linea in questa guerra.

Domani ci sarò anch'io, sicuramente non canterò per imbarazzo, ma troverò comunque il modo di farmi sentire; poi inizieremo tutti insieme il countdown che ci separa al 25 marzo.

Oggi è stata una splendida giornata; domani andrà ancora meglio, ne sono convinto; non ho più bisogno di ripetermelo come una preghiera.

Noi vinceremo e torneremo alla vita e tu, invece, caro signor Smartphone, finirai i tuoi giorni in una polverosa provetta di un qualche laboratorio o solo in un annale sconfitto da un banale farmaco per l'artrite creato per quegli anziani  che tu volevi sterminare.

Il sole fa capolino nella mia stanza e sul balcone di fronte a me compare un piccolo arcobaleno: il cielo sembra volermi proprio rassicurare che  alla fine … #tutto andrà bene.



Testo Decimo

SCONTRO DI CIVILTÀ

«Molte famiglie perderanno i loro cari»: questa frase agghiacciante è stata pronunciata pochi giorni fa dal primo ministro inglese Boris Johnson durante un discorso alla nazione. Si tratta di un'affermazione solenne e allo stesso tempo tragica che ha raggelato il sangue nelle vene non solo a milioni di cittadini britannici ma anche al mondo intero. Specie all'Italia costretta in questi giorni ad una battaglia al coronavirus su basi e con armi di tutt'altra natura improntate al diritto più alto e sacro della salute di tutti a scapito di tante vite tra infermieri e medici ben consapevoli del valore sotteso al giuramento di Ippocrate. Davanti alla possibilità che migliaia di persone perdano la vita, il premier dalla folta chioma bionda ha un'idea geniale: non fare nulla, avanti come se niente fosse.  Johnson, così come il suo seguito di massimi esperti scientifici e sanitari britannici, è convinto che bloccare il virus sia impossibile, ed è perciò preferibile che la popolazione sviluppi da sé anticorpi. La conclusione è scontata: i più fragili e deboli saranno sacrificati così che, una volta superato questo buio periodo, si estenda l'immunità di gregge. Il discorso di Boris Johnson appare quindi una squallida copia di quello pronunciato da Winston Churchill nel 1940, durante la Seconda Guerra Mondiale, l'adattamento odierno di “Lacrime, sudore e sangue”,  lacrime piante per i propri cari, sudore del personale medico che si fa in quattro per salvare vite, sangue dei più fragili e più deboli che saranno sacrificati come bestie da macello.

La domanda sorge spontanea: se si adotta questa politica di sterminio, cosa succederà ai più fragili? Sono parte di questo gruppo non solo gli anziani, ma anche i malati e i disabili, insomma, quella fetta di società che, sin dai tempi più antichi, è sempre stata considerata un “peso”. Il celebre santo e scrittore del 1400 Thomas More ha affermato in uno dei suoi più celebri libri, “L'Utopia”, che i più deboli e fragili, in quanto fardello( burden), devono essere persuasi al suicidio perché possano alleggerire la patria di un peso del tutto inutile. Questo sacrificio a vantaggio dei più forti apre mille questioni e dibattiti etici che non hanno facoltà di portare ad una verità comune, se non ad una propria opinione in merito che può essere tanto veritiera quanto fallace. Può allora l'idea di More, non molto lontana da quella di Johnson, esser considerata il giusto metodo per estinguere il corona virus? Si tratta sicuramente di una politica assai spietata e radicale, assimilabile addirittura ai sacrifici spartani sul monte Taigeto dove i bambini deformi era abbandonanti a se stessi in quanto considerati “di intralcio” al rafforzamento della polis greca. Questo “lasciare indietro” i non-abili perché non abbastanza forti è un atteggiamento tipico del cuore egoista dell'uomo.  Ne si può avere un assaggio ne “La notte”, libro nel quale il protagonista abbandona alle fauci di Auschwitz lo stesso padre, in quanto gravemente malato. Nel dolore e nella paura l'uomo perde quindi tutta la propria razionalità, a discapito di chi non ha le forze necessarie per sgomitare e lottare per la propria vita. Siamo esseri tremendamente corrotti ma allo stesso tempo sappiamo far trionfare l'amore e l'altruismo sull'atavica fame di vita, ed aiutare un malato, un disabile, un anziano, con la stessa generosità che noi desidereremmo se ci trovassimo in una tale situazione. I più deboli sono quindi vittime del loro stesso tempo, e allora spetta noi decidere se aiutarle nel nostro piccolo o sacrificarle egoisticamente seguendo il nostro insaziabile desiderio di sopravvivere.

Johnson sembrerebbe aver optato, ormai, per questa politica di decimazione che segue le spietate leggi della natura. Si tratta degli stessi principi esposti da Darwin ne “L'origine delle specie”: ogni specie vivente va incontro ad una selezione naturale che vede il prevalere dei più forti, a discapito degli individui fragili che andranno incontro ad un amaro destino. Si può sconfiggere la forza della natura? No, non si può; ma si può combattere per i più deboli e con i più deboli che sono esseri umani quanto lo siamo noi.

E perciò è inevitabile che si ripeta il solito finale che ormai è nella storia da sempre: si salveranno i ricchi, i forti, gli audaci, mentre i poveri, i deboli, gli stolti periranno. Sta all'uomo decidere se questo sia giusto o sbagliato e agirne di conseguenza , affidandosi quindi alla propria onesta coscienza.



Testo Undicesimo

RICORDO, DOLORE, INSEGNAMENTO…

“Anche tu hai vissuto la guerra in prima persona nonno?”

“No Sofia, certo che no…sai quando è scoppiata l'ultima guerra combattuta dal nostro Paese?... Nel lontano 1939. So che mi porto male gli anni, ma faccio parte del XXI secolo anche io!”

“Allora non hai da raccontarmi quelle storie che si leggono nei libri, che ti fanno venire la pelle d'oca o che ti fanno provare così tante emozioni tutte insieme da farti sentire un protagonista delle vicende di quei tempi…”

“No tesoro, purtroppo non ho storie come quelle da raccontarti. Posso parlarti però di un periodo particolare e doloroso della mia vita, di certo non paragonabile ai tempi delle grandi guerre, ma che potrebbe suscitarti le stesse forti emozioni che si provano leggendo un bel racconto.”

“Va bene nonno. Inizia a parlare, sono curiosa.”

“D'accordo. Allora…hai mai sentito parlare del covid-19?”

“No, mai.”

“Lo immaginavo, sei troppo giovane. Beh ecco il covid-19 è un virus che si diffuse in quasi tutto il mondo provocando molti morti. Ricordo che quando i telegiornali hanno iniziato a parlarne era dicembre, durante il periodo di Natale. Il virus ha avuto origine in Cina. Quando io e i mei compagni di scuola sentivamo le notizie dai monitor della metro pensavamo che tutto quello che stava succedendo in un luogo così lontano, quasi dall'altra parte del mondo, non ci avrebbe mai riguardato in prima persona… e invece ci sbagliavamo.”

“Il virus arrivò anche in Italia nonno?”

“Proprio così Sofia. L'Italia fu uno dei Paesi che ne soffrì di più. Arrivò da un momento all'altro, come una forza travolgente che sconvolse le nostre vite. Se la memoria non mi gioca brutti scherzi, il virus ci raggiunse verso metà febbraio. E da quel momento i casi di persone contagiate iniziarono ad aumentare così come il numero di persone che volarono in cielo, gli ospedali iniziarono ad affollarsi e iniziò a percepirsi il panico tipico di queste situazioni.”

“E tu come l'hai vissuta nonno? Che si faceva durante questo periodo?”

“Innanzitutto il governo fu costretto ad attivare misure restrittive. Scuole e università furono le prime a chiudere, seguite dagli uffici, dai negozi, dai ristoranti. All'inizio non si comprese bene la situazione e le persone, me compreso, non la prendevano seriamente. Le notizie che venivano diffuse era tante e preoccupanti. Quando si capì che il virus si stava espandendo molto rapidamente e che le circostanze erano allarmanti iniziò il nostro vero e proprio periodo di “quarantena”. L'Italia era diventata ormai “zona rossa”. C'era l'obbligo di non uscire di casa se non per poco tempo e di non incontrarsi con nessuno.”

“Io non credo che sarei riuscita a restare in questa specie di isolamento che mi stai descrivendo. Come hai fatto a sopportarlo?”

“Non è stato facile, devo ammetterlo. Fa davvero male passare dall' andare tutti i giorni a scuola, dall'essere circondato dai miei amici, dall'avere quel ritmo di vita quasi frenetico tipico di Milano, a stare rinchiusi senza quel contatto umano a cui si è abituati. Il coronavirus ci obbligò a cambiare le nostre abitudini.”

“E la scuola? Quanti giorni avete perso?”

“La scuola rimase chiusa per poco più di due mesi. Ma il vero problema non era relativo alle lezioni perse o ai programmi non svolti. Quella situazione che di fatto aveva interrotto tutte le relazioni sociali, rischiava di mettere in crisi l'economia oltre che i valori umani. Detto così sembra un po' esagerato lo so. Ma durante quei giorni si verificarono delle situazioni che di poco si discostavano da quelle della peste descritte da Manzoni nei Promessi Sposi… Iniziò una specie di caccia al “primo untore”, il cosiddetto paziente zero, la gente si riversava nei supermercati per fare provviste peggio di come si faceva nei periodi di guerra o cercava di “scappare” dalle aree con più contagi, per non parlare poi delle fake news che circolavano, dell'isterismo collettivo, dell'emergenza sanitaria. Una delle cose più tristi secondo me fu lo sviluppo di un generale clima di diffidenza. Quando camminavo per strada facevo sempre più attenzione, inconsciamente, a chi mi stava intorno e a chi incrociavo.”

“E poi che è successo?”

“Abbiamo adattato le nostre abitudini alla situazione; si viveva però con la speranza che tutto arrivasse ad essere un ricordo.”

“Deve essere stato brutto…”

“Sì lo è stato. Ricordo ancora le parole del nostro preside in una lettera che scrisse a noi studenti in un momento così teso e delicato: “Uno dei rischi più grandi in vicende del genere, ce lo insegnano Manzoni e forse ancor più Boccaccio, è l'avvelenamento della vita sociale, dei rapporti umani”. In quel periodo risentii molto dell'impossibilità di avere una vita sociale attiva. Noi siamo animali sociali, Sofia. Abbiamo bisogno di condivisione, di interazione, di contatto.”

“Non sentivi mai i tuoi amici?”

“Certo che li sentivo! Ogni giorno facevamo lunghe videochiamate in cui per ore parlavamo di tutto quello che ci veniva in mente, dalle nostre preoccupazioni alle cose più banali, ci consigliavamo film da vedere, ricette da provare, libri da leggere, canzoni da suonare. E parlavamo di ciò che avremmo fatto durante l'estate, quando speravamo che ormai tutto sarebbe finito. Una sera abbiano iniziato a fantasticare sull'organizzare un gruppetto di amici, andare via da Milano e rifugiarci in qualche posto sperduto fino al risolversi della situazione.”

“Molto stile Decameron devo dire…”

“Esatto Sofia. Come i dieci giovani si distraevano dal clima della peste riunendosi nelle campagne fuori da Firenze per raccontarsi novelle a tema ben definito a seconda del giorno, così noi ragazzi ci tenevamo in quotidiano contatto riunendoci a distanza grazie alla tecnologia del tempo. In questo modo compensavamo quell'incredibile carenza che per la prima volta avvertivamo: ci era stato negato il diritto alla vita sociale e al contatto umano. Nonostante ciò in quel momento ho avuto modo di sperimentare che c'è sempre un risvolto positivo in ogni situazione. Abbiamo rallentato la frenesia della nostra routine quotidiana e abbiamo avuto un tempo smisurato per riflettere, per riprendere a fare delle attività che si erano perse: pranzare tutti i giorni con i propri genitori, guardare un film sul divano dopo cena, osservare a lungo ciò che accadeva fuori dalla finestra, prendere semplicemente del tempo per noi stessi. Sembrerebbe quasi sia stato un messaggio al mondo, seppur troppo forte e violento, di brusca frenata alla corsa smisurata che inevitabilmente coinvolgeva tutti.”

“La tua storia mi ha fatto venire la pelle d'oca nonno…è bello sentire come siete riusciti a continuare la vostra vita in un momento difficile come quello e a non abbandonare mai la speranza. Grazie.”

“Grazie a te tesoro per aver alleviato, con il tuo interesse, l'angoscia del ricordo.”

…La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla. - Gabriel Garcia Marquez



Testo Dodicesimo

QUATTRO TIPI DA COVID-19

Per il coronavirus stanno cercando di creare un vaccino, ma ci sono altri tipi di “virus” che possono essere curati solo tramite la corretta informazione e la cautela.

Quattro e-mail, quattro contesti, quattro persone.

Cara sorellina,

oggi ho speso tutta la giornata a correre tra supermercati. È come se fosse giunta l'apocalisse. Smeralda, sul gruppo di mamme dell'asilo, ha subito fatto sapere a tutti la notizia. Questo virus cinese sta veramente mettendo a rischio ogni cosa... dovevamo andare al sushi questo sabato e naturalmente abbiamo disdetto. Si sa, giapponesi o cinesi che siano, quelli vogliono farci tutti fuori! Appena fu mandato in onda il servizio sul primo paziente positivo, mi sono subito riversata all'Esselunga e ho svuotato lo scaffale dell'amuchina. Chiaramente ho preso anche abbastanza alcool per pulire, carta igenica, qualche chilo di pasta e un po' di verdure giusto per completare la spesa. Che stress. Ho proprio l'impressione che fra poco dovremo andare a cacciare per mangiare qualcosa.

Le scuole non sono ancora chiuse, ma col cavolo che mando la mia piccola Matilda al macello in questo periodo! Ora devo anche capire come dirle di non andare troppo vicino agli altri bambini, so quanto questo possa essere difficile per il mio piccolo angioletto.

E sai cosa ha detto il mio Paolo? Lui sostiene che è un complotto messo in atto dalle case farmaceutiche con la collaborazione di Bill Gates. Non so che cosa pensare al riguardo, ma il fatto che Gates avesse già previsto questa pandemia nel 2015 sembra una informazione abbastanza convincente!

Anche se il governo sostiene che saranno messi in atto i giusti provvedimenti, io non so veramente se fidarmi o meno. In queste situazioni ogni uomo va per sè. Meno male che fra poco passeranno quegli elicotteri disinfestanti! Andrò domani stesso a fare il pieno di mascherine e antibiotici in farmacia, www.mammeserie.it dice che è l'unica speranza per noi! In aggiunta, muniti di bevande calde e aglio avremo qualche chance...

Più ti scrivo, più mi convinco che l'azione più sensata è quella di raggiungervi al più presto a Bari. Qua a Milano semplicemente non è sicuro per me, Paolo e Matilda.

Vi penso tanto in questo periodo difficile! Un bacione a tutti, e a presto!

Gemma

Hey Alessia,

come stai? Come va là in America? Qua tutto bene, anche se... la gente sta impazzendo! L'ultima bufala dei media è questa presunta epidemia destinata a invadere tutto il mondo, bla bla bla... Noi siamo giovani, siamo forti! Non dobbiamo lasciare che questa stupida influenza ci lasci a casa. Figurati che ai miei amici hanno chiuso le università e a noi lavoratori hanno messo dei regolamenti rigorosissimi. Mi sa che per i primi giorni però posso anche chiudere un occhio, ma ci hanno persino minacciato di tassarci o metterci mesi di galera se non rispettiamo quelli più seri! Ma ci rendiamo conto?!

E poi sono sicurissimo che in fondo i media stiano esagerando tutto, solo per guadagnarci. Non sai quanta gente sta lucrando su questo fatto, sta solo a dimostrare la vigliaccheria da una parte e la credulità della gente dall'altra.

Fino a quando potrò, esco con gli amici e vivo la mia vita. Nessuna stupida malattia potrà mai fermarci! Oggi stesso, io e i ragazzi usciamo al fantacalcio dopo aver visto una bella partitona per metterci forza. La cosa più brutta che può uscire da questa situazione di caos è la sospensione del campionato... ora che avevamo finalmente guadagnato quel nuovo giocatore, sarebbe un vero peccato...

Non vedo l'ora che arrivi in Italia, speriamo che allora sarà finito tutto ‘sto casino.

Bacioni,

il tuo Giuseppe

Amore mio,

spero che tu stia affrontando questa situazione in modo più leggero, là in Inghilterra.

Qua in ospedale è il caos; la gente è stanziata per i corridoi perché non ci sono più posti, spesso poi mi capita di sentire medici che chiamano associazioni e contatti particolari pregandoli di essere riforniti di sangue donato e macchinari specifici di cui l'ospedale non è dotato a sufficenza. Nonostante tutto, la mia situazione è piuttosto fortunata. Sono tra i 80% di casi più lievi. Sto migliorando in fretta, ma sono convinto che se non avessi avuto il diabete sarebbe passato tutto ancora più in fretta. Il ricovero è stato solo in caso in cui la situazione sarebbe successivamente precipitata ulteriormente.

Data la mia giovane età, il mio caso stupisce molti dei miei compagni di università, che a tre settimane dall'inizio dei contagi in Italia non hanno ancora capito quanto il contesto sia serio. Molti di loro sono a casa, grazie a Dio, ma più che per la propria salute, per la salute dei loro cari.

In questo momento tu devi concentrarti sui tuoi studi a Oxford. Fai molta attenzione, mi raccomando, non puoi lasciare che la disinformazione abbia la meglio. Pensa a laurearti, sicuramente le videolezioni saranno efficenti... il Cielo ha voluto che tu stessi per finire gli studi di medicina proprio in questo periodo! Aspetto di essere curato proprio da te! ;)

Sento che Gesù ci sta aiutando molto in questo periodo. Ovviamente intendo moralmente, sai quanto sia bilanciata per me la questione... Continuo a pregare con i miei compagni di stanza, visto che le chiese rimangono chiuse. Trovo sia stata una decisione giusta, anche se una chiaccherata con il Don sarebbe di conforto in questo periodo.

Ricordati, questa circostanza ci è stata posta come prova divina, quindi vediamo di dare il nostro meglio usando gli altri strumenti che ci sono stati dati, in primis la scienza.

Non vedo l'ora che potrai venire a Milano. Dopo questi momenti di quarantena, sono più che sicuro che noi tutti apprezzeremo molto più ogni minimo contatto fisico, oltre alle passeggiate in giro, i bocconi di aria fresca... andrà tutto bene.

Tutto il mio affetto,

Andrea

Caro Brad, figliuolo mio,

come stai? In Brasile il COVID-19 è già arrivato?

Hanno chiuso sia l'unversità per la terza età sia il centro di volontariato. Non so come occupare le mie giornate, e non rimane che parlare con se stessi. Lo so, il solo pensiero fa rabbrividire anche me.

Sarà soprattutto per questo che ormai ti sto scrivendo anche più volte a settimana! Sappi che soprattutto in questo periodo mi manchi più del solito. Evito persino di uscire di casa, siamo ormai a quattro settimane dal primo contagio in Italia e già mezza Lombardia potrebbe essere a rischio. Già tre dei miei amici sono stati segnati come positivi al tampone, e due sono morti.  È per questo che volevo scriverti ora.

Uno dei due morti è Lucio,  che come saprai è stato mio amico da una vita. Il figlio, Giuseppe, te lo ricordi?  Andavate insieme alle medie... quanto tempo fa, caspita. Sono questi i momenti in cui ti rendi conto che ogni singolo attimo conta.  In ogni caso, si dice che sia stato Giuseppe a dare il virus a Lucio, perché Lucio e sua moglie Vera vedevano solo lui, e solamente qualche volta a settimana, quando Giuseppe portava loro la spesa. Non uscivano neanche per quello, ma apparentemente non è stato abbastanza. Il virus non bada a queste sciocchezze.

Ho proposto a Vera di venire da me oggi a pranzo settimana prossima, dobbiamo sostenerci in questi momenti difficili (non prima per la storia della quarantena...). Mi sa che non accetterà facilmente... dopo la noncuranza del figlio, che usciva ancora con gli amici per gli aperitivi, chissà se mai uscirà di nuovo di casa. Mi dispiace per Giuseppe, d'altra parte. Devono essere terribili i sensi di colpa che sta provando in questo periodo. Ma conosco Vera, insieme supereranno anche questa. Lei sì che è forte. Tutto questo sarà solo un brutto ricordo.

 Ho consigliato anche a Vera di scaricare la app che mi hai proposto tu! È proprio una splendida idea per tenerci compagnia in questo periodo! Lo sapevi che si possono fare le chiamate video con più di due persone? Mi sa che mi prenderò così un bel caffè anche con Giovanni, che abita in Sicilia. Ora sarà vicino a me tanto quanto Vera.

Mi raccomando, figliuolo mio, sii prudente: non lasciare che la disinformazione abbia la meglio. Informati cercando sempre fonti affidabili, così potrai rendere le strade un posto più sicuro per te e per gli altri.

Ti voglio bene.

Tuo padre,

Alfredo



Testo Tredicesimo

CARO DIARIO, C'È IL CORONAVIRUS

25 febbraio 2020

Caro diario,

Beh che dire… Nella mia breve vita un evento di questo tipo non era mai capitato. Nel giro di qualche giorno il mondo, e la mia città, Milano, come li conoscevo, erano andati totalmente a rotoli. Forse complice il fatto che era scoppiata una epidemia di proporzioni mai più viste nel mondo occidentale dalla febbre spagnola, ma non saprei dire con certezza. Fatto sta che in un paio di giorni la mia amata città si è svuotata. Del tutto. E intendo del tutto nel senso che sembra di stare nel far-west, in uno di quei film che piacciono tanto alle generazioni più anziane. Con la differenza che, da brava città del 21esimo secolo, Milano non ha i rotolacampo in giro per le proprie strade, ma sacchi della spazzatura.

In questi primi giorni dell'emergenza, prima che venisse ordinatoci di barricarsi in casa, sono uscito per fare un giretto (breve, però!) all'aria aperta: mi ha accolto uno scenario surreale. Le poche persone che, spinte dal coraggio (o forse dalla disinformazione cronica) si avventuravano per strada, osservavano gli altri pedoni con sguardi assassini e pieni di sospetto, al minimo rumore o al primo starnuto erano tutti pronti a lanciartisi addosso. Insomma la tensione è palpabile.

I passanti che ho visto per strada si dividevano principalmente in tre categorie: gli “spavaldi”, per fortuna tra i meno numerosi, usciti di casa totalmente scoperti, gli “sprovveduti”, ovvero coloro che, nel tentativo di proteggersi tenevano sul volto un qualsiasi pezzo di stoffa che gli era capitato sotto mano prima di uscire di casa, a partire da sciarpe fino a stracci e tovagliette, ed infine c'era qualcheduno ben munito di mascherine, ma quest'ultimi erano una netta minoranza.

Sconcertato da questa visione, mi sono ripromesso di non uscire più durante il periodo di quarantena, ma non potevo non raccontarti questa esperienza per il me del futuro… anche perché chissà (speriamo di no) se mai mi ricapiterà un fatto simile.

27 febbraio 2020

Caro diario,

Sono strafelice perché in questi giorni non ho nulla da fare per la scuola, infatti ho già fatto tutto ciò che mi era stato assegnato per la settimana prossima nei giorni scorsi, in quanto le scuole sono chiuse. Purtroppo però mia madre si è già stufata di vedermi sdraiato sul letto con il telefono in mano e dopo pranzo mi ha mandato a comprare il latte… Questa devo proprio raccontartela.

Non credo di aver mai visto un supermercato così pieno di gente in vita mia. Dopo essermi fatto strada a fatica tra la marea di persone che affollava il reparto frutta/verdura, sono riuscito a raggiungere gli scaffali refrigerati del latte, ma inutilmente perché non ne era rimasto un singolo cartone. Sono stato costretto a prendere quello a lunga conservazione…

Teoricamente la mia spesa era fatta e avrei potuto uscire da quel caos, ma ero curioso di sapere cosa tutta quella massa di gente stesse cercando di fare di preciso. C'erano degli sconti? Stavano gareggiando a chi riuscisse a riempire di più il proprio carrello? Poi ebbi un'illuminazione: stavano facendo le scorte. Questa storia del virus, ho pensato, sta già dando alla testa…

Ho deciso così di gironzolare tra le corsie per comprendere al meglio la situazione in cui mi trovavo. Alcuni scaffali erano letteralmente vuoti, mentre altri ancora pieni di prodotti, come quelli delle penne lisce, quelli della varietà di fagioli “corona”, quelli del pane integrale, quelli del tè al limone (che nemmeno durante quella che sembra l'apocalisse nessuno beve) … A quanto pare pure in questa situazione di emergenza si hanno le preferenze…

Dopo un po' mi sono diretto verso le casse, anch'esse piene di gente. Qui ho assistito ad una scena esilarante e preoccupante allo stesso tempo: due signore attorno ai sessant'anni che si stavano picchiando. Mi sono avvicinato per vedere meglio e mi sono reso conto che stavano litigando per un pacchetto di caramelle, a quanto pare l'ultimo rimasto. “La smetta, l'ho preso prima io, questo! Ce ne sono di altri gusti!” gridava una. “Non mi interessa” rispondeva l'altra, “quelle all'anice mi fanno schifo!” Subito dopo per fortuna è intervenuto un uomo a separare le due. Non credevo che le persone sarebbero arrivate a tanto, e tantomeno per delle caramelle, come se fossero un bene di prima necessità…

Ho pagato il latte e sono scappato subito da quel luogo infernale. La scena mi è rimasta così impressa che la prima cosa che ho fatto quando sono tornato a casa è stato raccontarla a mia madre, anche se dubito che l'abbia ascoltata perché appena ho smesso di parlare si è lamentata del fatto che avessi preso il latte a lunga conservazione…

3 marzo 2020

Caro diario,

Sono distrutto! Sara mi ha lasciato. È tre giorni che piango ininterrottamente, e tutto per colpa della prof di diritto e ovviamente di questo dannato virus. Quel genio della professoressa ha deciso all'ultimo minuto di fare lezione online e indovina un po' quando... proprio quando Sara era a casa mia.

Te ne avevo già parlato della mia storia con Sara e ti avevo già detto che eravamo leggermente in crisi. Ecco, l'altro giorno avevo convinto Sara a venire a casa mia a prendere una cioccolata e a guardare un film. È arrivata verso le due del pomeriggio, ed era bellissima: indossava una t-shirt rosa che lasciava una spalla scoperta, jeans blu strappati ed un giubbottino di pelle. Ai piedi portava le solite Vans e i suoi lunghi capelli lisci erano legati in una coda di cavallo. Appena la vidi ne fui ammaliato e capii quanto le volessi bene… e adesso l'ho persa per una strega a cui tra l'altro sto antipatico! Comunque, una volta che Sara fu entrata in casa insieme scegliemmo un film molto romantico: “A un metro da te” (non potevamo scegliere film più azzeccato). Ci eravamo appena accoccolati sul divano, quando iniziò a squillarmi il cellulare... era Simone, un mio compagno di classe, che mi chiedeva quali compiti ci fossero di diritto. Abbastanza scocciato gli risposi che al momento avevo di meglio da fare e gli attaccai in faccia. Sara fu visibilmente infastidita da quella interruzione, ma ci passò velocemente sopra. Neanche mezz'ora dopo il mio telefono squillò nuovamente: era Veronica, la mia migliore amica, anch'ella che mi chiedeva i compiti di diritto. Non le risposi neanche e misi giù il telefono. Sara a quel punto era davvero irritata, ma con le mie fantastiche doti da lusingatore ero riuscita a calmarla... finché ecco l'ennesima chiamata, questa volta su Skype. Sara furibonda prese la propria giacca e uscì di casa ed io, dopo averla seguita un po' e dopo aver fallito nel riconquistarla, accettai la chiamata più disperato che mai. Non feci in tempo ad accendere la fotocamera che la mia prof di diritto iniziò a sbraitarmi contro... Eh sì, era colpa mia, ero io che mi ero dimenticato della lezione… In effetti ora che ci penso era da tre giorni che la prof ci mandava mail per ricordarcelo, ma io lo avevo del tutto dimenticato.

Si sa, caro diario, che quando si sbaglia si cerca sempre di attribuire tutta la colpa a qualcun altro, ma questa volta devo ammettere che la colpa è mia.

Adesso ti saluto che vado ad ingozzarmi di gelato e ad ascoltare musica deprimente…

8 marzo 2020

Caro diario,

Stamattina voglio raccontarti di un'avventura che mi è capitata ieri sera; ho aspettato fino ad oggi a scrivertela perché ero talmente sconvolto dall'accaduto che ho avuto bisogno di dormirci su per poterlo raccontare.

Vedi caro diario, forse tu non lo sai ma io abito a Milano, più precisamente abito in via Soperga vicino alla Stazione Centrale, e ieri sera stavo portando il mio cane a fare una breve passeggiata attorno all'isolato quando ad un certo punto ho sentito un rumore fortissimo che veniva verso di me e, temendo di trovarmi in mezzo ad una qualche rissa, mi sono rifugiato nell'edificio più vicino che in quel momento era, ahimè, la stazione. Una volta entrato nell'edificio mi sono nascosto dietro una delle colonne, sbirciando di tanto in tanto per cercare di capire cosa stesse succedendo.

Poco dopo ho visto una fiumana di persone entrare di corsa dentro la stazione e dirigersi alla biglietteria e ai vari monitor per l'acquisto digitale e un po' sconcertato, visto anche l'invito del governo a rimanere in casa, ho iniziato ad indagare per scoprire il perché di quella calca. Girando un po' tra la gente, mantenendo sempre un metro di distanza da tutti ovviamente, mi sentivo come se abitassi a babele difatti udivo parlare decine e decine di lingue diverse e ora ti riporto quel poco che ho capito, e che mi ricordo di quei discorsi.

Per primo ho sentito un uomo d'affari sulla cinquantina che parlava al telefono e diceva: “Ue ora ce ne andiamo a Curma per il weekend, così la city si svuota da tutti i giargiana che vanno in smart-working e poi torniamo tattici tattici il lunedì quando la situa migliora e vedi come fatturiamo senza terùn trai piedi taaaac”. Subito dopo a pochi passi di distanza invece c'erano due giovani ragazzi, probabilmente universitari, dei quali uno stava molto animatamente dicendo: ”Ue' uagliò io torno a Napule ca' c'è nonna Carmela ca' m'aspètt coi friariell”, non sono riuscito a sentire altro perché il ragazzo è stato preso da un improvviso attacco di tosse ed è stato portato via dall'amico, sotto gli sguardi terrorizzati dei presenti.

Infine per ultimo ho sentito un ragazzo dal forte accento siculo che diceva: “Conte pò diri chiddu chi voli iu cca nun ci resto tanto haju u santino di Maria chi mi protegge da tutte cose”. Quest'ultimo discorso è stato interrotto da un annuncio all'interfono che annunciava la partenza dell'ultimo treno del giorno diretto a Salerno e appena mi sono spostato dalla folla ho subito visto i tornelli presi d'assalto con le persone che si ammassavano cercando di passare senza avere il biglietto.

Spaventato da quella scena infernale sono corso a casa e mi sono subito messo a letto sperando fosse tutto un brutto sogno ma stamattina leggendo i giornali mi sono accorto che non è così e quindi, caro diario, ho deciso di parlartene.



Testo Quattordicesimo

DIARIO DI UN VIRUS

10 novembre 2019

Caro Diario,

ho deciso di iniziare a scrivere per tenere un registro di tutte le mie vittime.

No, non sono un serial killer, almeno non per ora.

Ho preso una decisione: conquisterò il mondo.

Il motivo? Semplice! Io vivevo (per modo di dire visto che ero congelato) in un ghiacciaio in Quinghai che a causa dell'irresponsabilità degli umani si è sciolto. Ho passato giorni e notti in un fiume di cui neanche mi ricordo il nome solo per ritrovarmi in un essere viscido che si muove strisciando per terra, lo chiamano serpente mi pare.

Comunque, poiché tutto deve avere un equilibrio e gli uomini stanno distruggendo il proprio pianeta mi sembra equo fare lo stesso con loro.

Ho sentito che domani ci sarà una festa in cui si mangeranno serpenti, spero solo che il mio carissimo ospitante venga catturato e fatto a pezzi.

A presto con nuovi aggiornamenti.

11 novembre 2019

Caro Diario,

ce l'ho fatta.

In questo momento mi trovo in un nuovo corpo, quello di un uomo, anche se lui non lo sa ancora.

Non ho idea di che tipo di danni posso provocare all'organismo, spero molto gravi comunque.

Sto cercando una via per arrivare agli organi più importanti, penso punterò al cervello ma qui è tutto un garbuglio di strani tessuti, ci sono vasi e cellule ovunque, spero di farcela.

Che la fortuna sia con me.

16 novembre 2019

Caro Diario,

non sono riuscito a trovare il cervello ma mi sono ritrovato di fianco ai polmoni e ho optato per quelli, scelta sbagliata? Vedremo.

A presto.

17 novembre 2019

Caro Diario,

fino ad oggi il soggetto non aveva mostrato alcun sintomo ma, da stamattina, ha un principio di influenza. A quanto pare è questo il danno che provoco, solamente un'innocua influenza.

E pensare che il mio scopo era di uccidere tutta la popolazione mondiale.

Ti aggiorno presto.

20 novembre 2019

Caro Diario,

finalmente qualche buona notizia.

A quanto pare ho provocato una sorta di polmonite grave, fatto sta che il mio ospitante è finito in terapia intensiva.

Non mi piaceva quel posto e ho deciso di andarmene. Guarda caso c'era un medico che faceva al caso mio, ho approfittato di uno starnuto e sono volato da un corpo ad un altro. Esperienza intensa.

Ora cercherò di infettare più persone, speriamo vada tutto bene.

23 gennaio 2020

Caro Diario,

mi spiace non aver scritto per molto ma ero troppo impegnato ad infettare gente.

A quanto pare i miei fratelli hanno avuto la mia stessa idea e ora la città di Whan è stata chiusa per evitare la diffusione del virus, poveri illusi.

Nel frattempo mi sono spostato in un nuovo corpo, un pilota, e sono diretto in quella che probabilmente è l'Italia.

Sto ancora pensando se sia il caso di uccidere tutti gli italiani subito oppure aspettare un po' e godermi la mia vittoria.

Ti farò sapere.

24 febbraio 2020

Caro Diario,

in questo mese direi che ho contagiato un bel quantitativo di persone.

Le scuole qui in Italia sono state chiuse, così come la maggior parte dei negozi, però devo dire che è davvero un bel paese, soprattutto per il cibo, quasi mi dispiace doverlo annientare.

Purtroppo ho scoperto che la maggior parte dei giovani che contraggono il virus, ovvero me, sono spesso asintomatici.

Gli anziani sono quelli che si ammalano di più, quindi tutto sommato gli sto facendo un favore risolvendo il problema delle pensioni, e nemmeno mi ringraziano.

Stanno cercando un cura ma non penso che la troveranno e anche fosse non farebbero in tempo a testarla e distribuirla a tutti.

Gli italiani discriminavano i cinesi e li accusavano di essere colpevoli della trasmissione del virus, spero che ora il resto del mondo farà lo stesso con loro.

A presto.

15 marzo 2020

Caro Diario,

la situazione è peggiorata, non per me ovviamente, io sto alla grande.

La Cina e l'Italia sono ancora bloccate da questa “pandemia”, come la chiamano loro.

Non so cosa voglia dire di preciso, non ho mai frequentato una scuola e in effetti sarebbe strano il contrario.

Pian piano, neanche così tanto a dirla tutta, mi sto espandendo, presto tutti i continenti, gli stati, le regioni e perfino le città di tutto il mondo avranno dei contagiati.

Probabilmente non scriverò più su questo diario, non perché io non voglia, ma perché ho finito le pagine, troppa distruzione ha i propri contro.

La fine è vicina.



Testo Quindicesimo

…AL TEMPO DEL CORONA-VIRUS

Era finalmente arrivato il weekend, a conclusione di una settimana abbastanza impegnativa. Dico impegnativa non soltanto per i vari impegni che avevo avuto in quei giorni, ma anche perché, già da un po' di tempo, si parlava di un nuovo virus che, partendo dalla Cina, aveva cominciato a diffondersi per tutto il globo e che proprio in quel periodo era arrivato in Italia. Precisamente era domenica, e me lo ricordo bene perché, caso vuole, era anche il giorno del mio compleanno. Era il 23 febbraio, e quella sera, dopo aver giocato una partita a calcio, sarei dovuto andare a cena con la mia famiglia, per festeggiare. Nel corso della giornata però, per via delle molte notizie sull'aumento del contagio da questo virus, e a seguito delle raccomandazioni di virologi ed esperti, lo Stato Italiano ha deciso di attuare una serie di misure di precauzione, con lo scopo di ridurre ed eventualmente fermare in tempi ridotti la crescita del numero di infetti. Così, nel giro di qualche ora, sia la partita che la cena sono state annullate. Ora, preciso a dire che non ho fatto questo discorso per raccontare come ho trascorso il mio compleanno, che è stato ugualmente fantastico dato che l'ho passato con la mia famiglia, quanto per sottolineare come è iniziato un fenomeno che avrebbe cambiato le nostre vite almeno per più di un mese, considerando che sto scrivendo questo testo il 15 marzo. Passata quella domenica mi aspettava una settimana ricca di attività, tra la cogestione a scuola e gli allenamenti il pomeriggio ma, come si può immaginare, tutto è stato sospeso. Nell'arco di appena due giorni tutto ciò che faceva parte della mia vita quotidiana era diventato solo un pensiero lontano dalla realtà, qualcosa di totalmente infattibile. Il virus in questione si chiama corona-virus, più specificamente covid-19, e, come ho già anticipato prima, è un virus proveniente dall'Asia, che nel giro di poche settimane ha messo in ginocchio il nostro Paese e gran parte del mondo, costringendoci a una quarantena forzata che ormai dura da una settimana, e che durerà, almeno per il momento, fino all'inizio del mese di aprile. Ricordo che all'inizio si era guardato con molto scetticismo alla pericolosità del virus. Questo non solo perché lo sentivamo molto lontano da noi, a migliaia di chilometri di distanza, ma anche per il fatto che il tasso di mortalità del covid-19 era a livelli molto bassi, del 2-3%, e i decessi si verificavano solo in casi specifici, quando una persona già di età avanzata presentava patologie pregresse. Le conseguenze le abbiamo viste solo in seguito: dal primo caso di contagio, verificatosi a Lodi, il virus non ha smesso di diffondersi, infettando più di 20000 persone. Ma questa è cronaca, e penso che ormai tutti abbiamo sentito continue notizie e informazioni più volte, al telegiornale, su internet, dappertutto, ogni giorno, con la situazione che sembra peggiorare sempre più. Ciò che traspare da queste prime settimane è un senso generale di paura, per come è arrivato il virus, per come si è diffuso e per quello che ha portato. Nessuno poteva prevedere quel che sta succedendo, ed è, per quasi tutti noi, qualcosa con cui non eravamo mai entrati in contatto. È diffuso il terrore, il dubbio riguardo a quanto ancora possa durare questa nuova modalità di vita. Fino a che punto si arriverà? Per quanto ancora questo virus ci terrà chiusi in casa, isolati, lontano da ciò a cui eravamo abituati da sempre, dalla normalità. Quella là fuori è un'Italia resa irriconoscibile. Per un ragazzo come me, che ha vissuto per tutta la vita in città, e abituato, guardando fuori dalla finestra, al traffico, al rumore delle macchine e al via vai di gente, vedere le strade completamente deserte e i bar e ristoranti chiusi in pieno giorno fa un certo effetto. Con il passare dei giorni, la situazione si è fatta indubbiamente sempre più seria, ed è di fronte a una vicenda seria che non bisogna spaventarsi ma essere seri, farsi forza e comportarsi con responsabilità. In questo momento è purtroppo visibile quanto la nostra società sia fragile: negli ultimi giorni la situazione è precipitata, negli ospedali mancano i posti per il ricovero dei malati e quello che ci resta è riporre le nostre speranze nelle persone che si battono in prima linea per il bene del Paese, nei medici, nei lavoratori che si mettono a disposizione di tutti per far sì che non ci manchi niente. Per quanto mi riguarda, sto cercando di vivere tutto intensamente, di coltivare nuovi hobby, di fare quello a cui nella routine di tutti i giorni non avevo il tempo di dedicarmi, di stare qualche momento in più con i miei cari e non nascondo di sentirmi fortunato a vivere in un'epoca in cui, dato il mondo di opportunità che ci offrono le nuove tecnologie, è possibile rimanere in contatto con le persone distanti da noi, comunicare e provare così ad andare avanti e rimanere al passo con la vita. La più chiara dimostrazione di questa disponibilità elettronica è l'introduzione delle lezioni in video-conferenza, che ormai insieme a professori e compagni abbiamo più volte sperimentato. Ammetto che mai avrei pensato in vita mia di dover seguire una lezione dalla scrivania di camera mia, ma è stata comunque un'esperienza nuova, particolare e molto interessante e a volte anche un po' imbarazzante e divertente. Il tempo a disposizione, essendo obbligato a stare a casa, è comunque moltissimo ma la mia intenzione era ed è quella di usufruirne nel migliore dei modi, perché sono anche questi i momenti favorevoli per la crescita di una persona, per lo sviluppo della propria autocoscienza. Pensando alla mia situazione attuale, stento a credere a quello che stiamo passando e non pensavo potesse mai accadere una cosa simile: svegliarmi la mattina e non dover andare a scuola, perché costretto a rimanere chiuso in casa, e così rinunciare al contatto con le altre persone, alle relazioni e ad attività che avrei voluto fare, e sapere che il giorno dopo, e per molti altri ancora, sarà così. Questo maledetto virus sta segnando una parte delle nostre vite e, che lo voglia o no, me ne ricorderò per sempre. Detto ciò, la situazione rimane molto delicata, molte persone stanno vivendo momenti difficili e non mi resta che augurarmi che tutto questo finisca al più presto, pronti per tornare e riprenderci la nostra vita con grande carica.



Testo Sedicesimo

CORONAVIRUS, IL MALE CHE MI HA PERMESSO DI RISCOPRIRE LA BELLEZZA

Oggi è il 12 marzo 2020, le scuole nelle zone rosse sono ormai chiuse da 18 giorni.

Questa decisione così drastica presa dal governo dovrebbe far pensare molto le persone. Gli studenti probabilmente all'inizio festeggiavano questo evento vedendolo come una vacanza, ma ora si è tutti preoccupati, e chi sognava di passare questi giorni sulla neve ora si ritrova chiuso in casa lontano dal mondo… eh già, è proprio così che ci si sente.

Si evita di uscire, tranne se necessario, tutto si sta fermando e guardando fuori dalla finestra l'unica cosa che viene in mente è che sembra di vivere in uno di quei film apocalittici: qualche macchina che passa lentamente lungo la strada, alcune finestre illuminate, ma da cui non si scorge alcuna figura, e raramente qualcuno che esce dal supermercato con grosse buste per evitare di dover uscire di nuovo nei giorni seguenti. Tutti guardano in giro sospettosi come se qualcuno fosse pronto ad inseguirli, o trovando troppo desolata la piazza vengono colpiti da un senso d'angoscia che li accompagnerà tutta la giornata anche quando giungeranno a casa, dove si dovrebbero sentire al sicuro, ma così non è. Ormai nessun posto sembra sicuro, viviamo in una situazione di terrore, in cui temiamo per la nostra salute, il virus potrebbe raggiungerci ovunque, e per la nostra situazione economica, da un momento all'altro potremmo ricevere una chiamata e sentirci dire di essere stati licenziati a causa della crisi che ormai incombe, o scoprire che i soldi non basteranno fino alla riapertura delle attività.

Ma il denaro in fondo rappresenta un problema fino ad un certo punto, la questione principale che ora manderà lo stato completamente in crisi sarà la mancanza di posti in ospedale poiché ormai i contagi crescono esponenzialmente e saranno ancora in crescita almeno per le prossime due settimane. Con la diretta di ieri sera inoltre sono state messe in atto misure ancora più rigide e si ha quasi la certezza che ciò provocherà a lungo andare forti tensioni, poiché le persone sentendosi costrette nelle proprie abitazioni e spesso non vivendo sole accumuleranno molto stress che prima o poi riverseranno fuori. Alcuni esempi di rivolte ci sono stati nei giorni scorsi nelle carceri, dopo che erano state sospese le visite dei parenti, e proprio come i carcerati si sono sentiti portare via un loro diritto così prima o poi si potrebbero sentire anche tutti gli altri.

Non credo che molti ci pensino, in realtà fino a qualche giorno fa non lo facevo nemmeno io, ma più che in ogni altro momento in questi giorni stiamo vivendo la Storia con la S maiuscola. Questo periodo verrà probabilmente ricordato al pari della peste nera del 1348. I nostri nipoti, se non i nostri figli lo studieranno sui libri di scuola, e noi saremo come i nostri nonni che ci raccontavano della guerra, e i bambini ci guarderanno stupefatti e si sentiranno così lontani da questo fatto che non penseranno possa mai capitare loro di vivere una tale sventura, ma la verità è che ogni generazione ha una propria sventura: i nostri nonni la guerra, i nostri genitori gli anni di piombo, noi il cambiamento climatico e ora anche il COVID-19 e i nostri figli chissà.

Oggi è il 15 marzo 2020 e devo dire che rispetto a qualche giorno fa inizio a cogliere, come bisognerebbe fare in ogni cosa, un aspetto positivo in questa situazione: sicuramente è un'esperienza che collezioneremo e terremo sempre nel nostro bagaglio personale, che ci farà crescere come singoli individui e come comunità e nazione, infatti come poche altre occasioni quella che stiamo vivendo ora ci sta dando un senso di appartenenza al nostro paese, facendoci sentire che anche se non ci dovesse sembrare in realtà non siamo soli; proprio in questi giorni tutto il popolo sta aderendo a dei flash mob mettendosi a cantare e suonare dai balconi e dalle finestre, per far sentire al prossimo che non è solo, e che se tutti ci impegneremo e ci sosterremo a vicenda ne usciremo vincitori e più forti di prima, pagando un grande prezzo e perdendo alcuni che ci sono vicini.

Personalmente mi sto anche accorgendo di quanto tempo ci sia effettivamente dato; solitamente vivendo una routine quotidiana mi sembra di non aver tempo per fare molte cose, mentre ora mi accorgo che se mi sento così deve essere perché lo organizzo male. Mi sto accorgendo di non aver passato molto tempo con la mia famiglia negli ultimi anni, e ora che anche i miei genitori sono a casa condividiamo molte più esperienze, facciamo più attività insieme, e riusciamo veramente a vedere dentro gli altri, e impariamo a conoscerli meglio. Molti danno per scontato l'amore dei propri familiari, spesso non vivendolo nella sua pienezza, che significa condivisione e comprensione delle altre persone; quindi nella sfortuna ho riscoperto la bellezza e l'amore. Penso che fosse da quando ero bambina che mia mamma non dicesse “Dai, vieni che cuciniamo insieme”, o scherzassi e mi divertissi con gusto con mio fratello ripensando a situazioni di quando eravamo piccoli. Sto davvero dedicando molto tempo a tutta la mia famiglia, e anche a me stessa, facendo ciò che mi fa stare bene e mi fa sentire in pace. Ho riordinato tutta la mia stanza, sto facendo esercizio regolarmente e sto dedicando molto tempo anche ad attività artistiche, come il canto, la pittura ed il disegno.

In conclusione penso che si debba essere assolutamente consapevoli della gravità della situazione che stiamo vivendo, ma che si debba anche sfruttare il tempo per fare ciò che si ama anche perché se pensassimo solo a ciò che di brutto accade non si vivrebbe più bene. Quindi mi auguro che tutti riescano comunque a vedere la bellezza del mondo che ci circonda attraverso le avversità che dobbiamo fronteggiare, e in questa strana situazione vedendo la solidarietà che le persone offrono al loro prossimo mi viene da dire che nonostante tutto ho fiducia nell'umanità e credo nella bontà e nell'amore che le persone dimostrano ogni giorno.



Testo Diciassettesimo

UNA MASCHERINA SPECIALE

È tutto iniziato la settimana di Carnevale. Mi ero divertito molto alla festa organizzata a scuola l'ultimo giorno prima delle vacanze. Io e i miei amici ci eravamo mascherati, chi da cavaliere, chi da cowboy, chi da Spiderman. Durante l'intervallo avevamo giocato a supereroi contro supercattivi, il nostro passatempo preferito. Vestiti in modo così speciale, ci eravamo calati ancor di più nei personaggi e il cortile della scuola aveva assunto l'atmosfera perfetta degna di un film della Marvel. Con la mia mascherina di Batman alzavo il braccio con il pugno serrato e sfrecciavo a tutta velocità dietro a Carlo, il mio migliore amico, che si era vestito da Joker. A merenda poi le maestre ci avevano dato delle chiacchiere ricoperte di uno spesso strato di soffice zucchero a velo. Ne avrei volute mangiare almeno tre, ma mi ero consolato sapendo che quel fine settimana sarebbero venuti i nonni con le chiacchiere della loro pasticceria, le più buone che esistano. È così che sono andato a letto quella notte, non vedendo l'ora di gustarmi un pomeriggio coi nonni, sfoggiando il mio nuovo costume di Batman mentre volavo via con il cabaret di dolci.

Quel fine settimana, però, i nonni non sono venuti. Ero molto deluso. Avevo pianificato tutto per festeggiare al meglio il Carnevale con loro. Quando ho chiesto alla mamma il perché, la sua reazione e la sua risposta mi hanno confuso e insieme preoccupato. Inizialmente sembrava non sapesse come dirmelo e non riuscivo a comprendere cosa ci fosse dietro a tutta quell'attesa. Tuttavia, dopo alcuni secondi, mi ha spiegato che i nonni si sarebbero potuti ammalare uscendo di casa e venendo a trovarmi.

Venendo a trovarmi? In che senso mamma?

Niente amore mio, semplicemente potrebbero non sentirsi tanto bene se vengono qua ok?

Potrebbero avere la febbre?

Più o meno sì, tesoro.

Non avrei mai voluto far stare male i nonni ma, sinceramente, non capivo come potesse essere possibile. Credevo di essere un bravo bambino dopo tutto. Lo ammetto, certe volte ho più voglia di giocare che di allenarmi a leggere o a scrivere in corsivo e può darsi che faccia qualche capriccio. La nonna si arrabbia ma poi, quando mi siedo al tavolo della cucina, mi impegno e faccio del mio meglio. Lei si mette sempre accanto a me e mi dà una mano. La mamma e il papà invece non possono farlo perché lavorano tutto il giorno.

Era molto strano. Speravo sarebbe tutto passato al ritorno dal nostro viaggio a Venezia. Ho deciso di cominciare a fare la valigia così saremmo potuti partire presto e arrivare il prima possibile. Desideravo tanto ammirare i colori, le parate e i costumi del Carnevale di Venezia. I miei genitori me ne avevano parlato tanto. Sarei andato su una gondola e mi sarei intrufolato nei vicoli più nascosti all'esplorazione della città. Avrei lanciato coriandoli dappertutto per essere partecipe anch'io di quella festa vivace e divertente e avrei trascorso parecchio tempo con mamma e papà.  

Altro avvenimento inaspettato: non siamo più partiti per le vacanze. Quando mi sono svegliato la mattina ho guardato l'orologio: erano le 9:30. Sono corso da mamma e papà e dalla mia aria agitata hanno capito cosa mi passava per la testa prima ancora che parlassi.

Perché non mi avete svegliato? Non dovevamo partire presto papà?

Nico, non possiamo più partire, dobbiamo rimanere a casa.

Perché papà? Io volevo andare a Venezia.

Lo so tesoro, ma il Carnevale è stato annullato.

E perché?

Perché delle persone stanno male, figliolo, e noi dobbiamo stare lontani così evitiamo di ammalarci, capisci? Non possiamo rischiare.

Ho capito papà. Ma allora che facciamo per le vacanze?

Staremo qui tutti insieme: tu, la mamma ed io. Potremo comunque divertirci e a Venezia ci andremo un'altra volta quando tutti staranno meglio.

Va bene papà. E poi magari potrò vedere Carlo qualche volta, giusto?

Forse. Vediamo come vanno le cose e se riusciamo a organizzarci, anche se credo sia meglio di no con questo virus in giro…

Che cos'è un virus papà?

È un essere piccolo piccolo, microscopico; riusciamo a vederlo solo con degli strumenti speciali e, se entra nel nostro corpo, ci fa venire la tosse e la febbre; qualcuno può anche avere bisogno di andare in ospedale. Per questo non possiamo uscire di casa.

Ma come fa una creatura invisibile a provocare così tanto male? Mi chiedevo cosa avrebbe fatto Batman al posto mio per dare una mano. Lui di sicuro avrebbe trovato una soluzione.

Ogni giorno mi svegliavo con mamma e papà che guardavano il telegiornale. “Aumenta il numero dei contagi”, “Mortalità compresa tra il 2 e il 3%”, “Scuole chiuse fino al 3 aprile”, “Lombardia zona rossa”; tutte frasi che, anche se non comprendevo appieno, riuscivano comunque a mettermi un po' di paura. Ma mamma e papà mi rincuoravano dicendo che qui ero al sicuro, che noi e i nonni stavamo tutti bene e che presto sarebbe tornato tutto alla normalità. Meno male che c'erano le videochiamate grazie alle quali potevo vedere i nonni. Mi mancavano tanto. Erano un antidoto contro la malinconia e la monotonia delle giornate passate ininterrottamente in casa senza poter uscire, andare al parco, giocare insieme a Carlo, abbracciare i nonni. Erano il momento che preferivo in quei pomeriggi sempre uguali e non volevo mai fare tardi a quegli appuntamenti virtuali. L'unica cosa positiva era che mi godevo di più mamma e papà. Ho preparato la mia prima torta con la mamma, ho giocato a nascondino con il papà. Una sera volevo accompagnare la mamma a fare la spesa. Mi ero già infilato le scarpe e il cappotto; ero pronto per uscire quando la mamma mi ha fermato.

Nico, anch'io vorrei che mi accompagnassi al supermercato, ma ormai ci possono andare solo i grandi con la mascherina.

Non ti preoccupare, io ce l'ho una mascherina.

Sono corso subito in camera. Quando sono tornato in salotto con indosso la maschera di Batman sia la mamma che il papà sono scoppiati a ridere. Ero contento di averli fatti divertire anche se, onestamente, non capivo come.

Ieri pomeriggio quando ho sentito la nonna in videochiamata mi ha riferito che la sua migliore amica era mancata a causa del virus. Era molto triste. La sera, quando sono andato a letto, non riuscivo a prendere sonno. In me cominciava a farsi strada l'idea che fosse giunto il momento di trovare una soluzione. Pensavo “sono davvero stufo di questo virus che continua a far morire la gente, che fa soffrire la mia nonna, che fa preoccupare tanto mamma e papà e che non mi permette di andare a scuola e di vedere i miei amici”, quando mi è venuta l'ispirazione… La mamma mi aveva detto che il virus viveva tranquillo nei pipistrelli prima di trasferirsi dagli uomini. Il mio supereroe preferito, Batman, è l'uomo pipistrello, lui non mi delude mai. Potrei chiedergli di parlare con i pipistrelli e far sì che si riprendano il virus. A loro tanto questo virus maledetto non fa niente.

Dedicato ai miei fratelli più piccoli Luca e Matteo che in questi giorni mi hanno fatto vedere con i loro occhi il dramma che tutti noi stiamo vivendo, ispirando il mio racconto.  



Testo Diciottesimo

LA VITA AI TEMPI DEL CORONAVIRUS - 25 DICEMBRE 2050

Oggi è Natale.

Papà racconta sempre che quando era piccolo lui questo era un giorno speciale, arrivava Babbo Natale a portare i regali, e tutti erano felici. Si stava in compagnia e si mangiava tutti insieme, tutta la famiglia.

Ora non è più così, o meglio, per me non lo è mai stato, forse anche Babbo Natale ha il Virus.

Il Virus. Lo chiamiamo così perché è al centro della vita di tutti, tutti lo conoscono, ma il suo vero nome è un altro. È un nome da scienziati, solo loro lo conoscono. Ma gli scienziati sono ben pochi. Molti si sono ammalati. Molti si sono arresi.

Mio padre mi racconta che all'inizio nessuno pensava che sarebbe andata così, nessuno aveva capito che questo è un virus speciale.

“Ma sì, andrà così per un po' ma poi passerà, troveranno un vaccino. E poi dopo che uno lo prende è a posto, sviluppa gli anticorpi”. E invece no. L'hanno scoperto il 4 aprile 2020. I guariti possono ammalarsi di nuovo. Ed è stato l'inizio della fine.

Ma la gente credeva ancora in un vaccino, pensava che in un anno si sarebbe sistemato tutto, ma non fu così. Anche le speranze di un vaccino scemarono presto. Il 17 agosto 2021 il presidente dell'OMS annunciò al mondo che non ci sarebbe stato nessun vaccino: il Virus ha una mutazione per cui è impossibile crearne uno.

E allora il mondo è andato nel panico. Ovunque sono scoppiate rivolte, i governi sono caduti, la criminalità è schizzata alle stelle. E tutto questo provocò soltanto un aumento degli infetti. Ovvio, la gente andava per strada a protestare e si infettava a vicenda.

Poi pian piano tutti si abituarono. E niente fu come prima.

Io sono nato il 28 aprile 2038. Vivo con mio padre. Avevo anche una sorella, ma è morta cinque anni fa, e si è portata con sé mia madre. Soffriva d'asma, e quando il Virus l'ha attaccata non c'è stato niente da fare.

La popolazione nel mondo è dimezzata, quindi per le strade non c'è nessuno. Noi per vivere coltiviamo un piccolo orto dietro casa nostra. Un tempo era del nostro vicino, ma anche lui è morto.

Possiamo uscire soltanto a certi orari, e dobbiamo stare molto attenti: non bisogna avvicinarsi a nessuno, chiunque può essere infetto. E gli infetti spesso impazziscono, perdono la ragione: sanno che probabilmente moriranno e quindi decidono di fare quello che vogliono. Si abbracciano tra di loro, fanno festa, urlano e si ubriacano, organizzano anche delle processioni, e guai a capitare sulla loro strada: molti provano gusto nell'infettare altre persone.

Inoltre andando fuori casa rischi di imbatterti nei banditi: la polizia ormai è troppo debole, è come se non ci fosse, e quindi loro fanno quello che vogliono, sono loro a dettare legge. Non bisogna infastidirli se non si vuole finire male, mio padre me lo dice sempre. Quando ero piccolo una volta sono venuti a casa nostra due di loro. Volevano del cibo. Mio padre ha provato ad opporsi: “Abbiamo a malapena quello che basta per noi”.

Loro l'hanno picchiato e hanno distrutto l'orto.

Quella scena mi resterà per sempre in testa. Nessun bambino dovrebbe vedere il proprio padre massacrato di botte, ma sono cose che succedono di questi tempi.

Per fortuna poi siamo stati aiutati, la nostra vicina di casa ci ha lasciato del cibo davanti alla porta, e ci ha dato una mano a sistemare l'orto.

Mio padre dice sempre che un giorno tutto si sistemerà, che non può essere per sempre così. Quelli del suo tempo sono sempre più ottimisti. Loro hanno vissuto quando ancora non esisteva il Virus. Sanno com'è bella la vita. Noi no. Noi siamo abituati così, non abbiamo speranze. Però il momento più bello della giornata è la sera, prima di andare a letto: mio padre mi racconta sempre delle storie di quando lui era piccolo, e io chiudo gli occhi e immagino le meraviglie di quel mondo fantastico, dove esisteva la scuola, dove si poteva giocare con gli amici senza avere paura, dove tutti erano felici e spensierati.

In fondo anch'io ho una piccola speranza che tutto passi.

E di poter vivere una vita normale un giorno.



Testo Diciannovesimo

DIARIO DI PRIGIONIA

Venerdì, 13 gennaio 2051 - contagi: +18

È tornato, proprio lui. Pensavamo di essercene liberati ma io lo sapevo, lo sentivo da tanto tempo ormai che avrebbe trovato il modo per insinuarsi nuovamente nelle nostre vite. Il coronavirus. Purtroppo non si tratta del Covid-19 e nemmeno del CoV-2. È un nuovo ceppo che è riuscito ad evolversi e a mutare. Non c'è due senza tre a quanto pare. Ha deciso di iniziare a diffondersi in Cina seguendo le orme dei suoi antenati. Per adesso è ancora confinato là, ma io rimango pronto ad ogni evenienza, mi preparo al peggio. Cercherò di godermi al massimo questi ultimi giorni di libertà senza mai perdere di vista quell'essere microscopico; devo cercare di stargli un passo avanti. Esco con i miei amici in un pub e sapendo che può trattarsi dell'ultima volta cerco di esporre le mie idee e di avvertirli. Tuttavia non ottengo il risultato sperato. Scoppiano a ridere e dicono che forse ho bevuto un po' troppo, che mi sto facendo troppe paranoie. Ma io sono serio.

Lunedì, 20 febbraio 2051 - contagi: +626

Ce l'ha fatta. Ha superato i confini cinesi e si avvicina sempre di più all'Europa. Molte persone non sono ancora state capaci di ammettere la gravità della situazione; cercano di illudersi, hanno paura, sanno a cosa stiamo andando incontro ma non vogliono dirlo ad alta voce. Io invece ho sviluppato il coraggio necessario. Affronterò questo virus e lo annienterò. Ho deciso di portarmi avanti già adesso. Oggi, infatti, ho fatto scorta di una dozzina di flaconi di Amuchina. Mi ricordo bene com'era andata nel 2020; erano diventati introvabili. Ovviamente non sono stato così ingenuo da prendere tutte le dodici boccette in una sola farmacia. Mi avrebbero preso per pazzo un'altra volta.

Giovedì, 23 febbraio 2051 - contagi: +854

I giorni passano e i contagi aumentano. Sembra l'onda di uno tsunami che man mano che avanza diventa sempre più alta. La sua potenza e la sua violenza aumentano e arriverà il giorno in cui piomberà su di noi e nessuno verrà risparmiato. Il virus continua la sua marcia inarrestabile. Fortunatamente non è ancora arrivato in Italia; mi rimane ancora del tempo, ma meglio non sprecarlo, ogni secondo potrebbe essere decisivo. Decido quindi di uscire per fare provviste. Ho già creato a casa uno scompartimento abbastanza spazioso dove riporre gli alimenti a lunga conservazione di cui farò grande scorta perché saranno la mia fonte di salvezza durante il periodo di prigionia. Vado piuttosto fiero del modo in cui sono riuscito a ricavare questo spazio: ho svuotato il mio armadio che userò come dispensa di confezioni di pasta e anche la cassettiera che, al contrario, sarà destinata ai sughetti o alle zuppe in scatola. Vi chiederete dove abbia messo i vestiti. Qui sta il mio lampo di genio: quelli che non sono riuscito a far stare in valigia li ho venduti, tanto non potrò più uscire di casa e in più così sono riuscito a ricavare una bella somma da investire in approvvigionamenti e anche nella ricerca e in attrezzature mediche.

Domenica, 26 febbraio 2051 - contagi: +1719

La situazione sta degenerando. Penso che le persone stiano impazzendo. Oggi sono andato come ogni domenica, dopo la messa, a prendere un caffè al bar sotto casa mia. Alcuni clienti, mentre stavo uscendo, appena fuori dal locale hanno iniziato a prendere di mira un ragazzo di origine asiatica, insultandolo e aggredendolo. Ovviamente gli sono andato in soccorso scacciando i delinquenti perché non è così che si risolvono i problemi. È una perdita di tempo e soprattutto una dimostrazione di immaturità, bassezza e immoralità. Cose del genere nel 2051 sono assurde, non dovrebbero succedere, specialmente con i precedenti del 2020. Guardate me. Io sto facendo fruttare il tempo che ci rimane per raggiungere scopi utili non solo a me stesso ma a tutti quanti. Come successo con il Covid-19, le persone non fanno altro che sottovalutare la situazione oppure esagerare. Non riescono a trovare una via di mezzo e ad essere lucidi. Non si può incolpare nessuno della diffusione perché tutti hanno contribuito. Trovare un “colpevole” non migliorerà la situazione. Dobbiamo rimanere uniti mantenendo le distanze se vogliamo vincere anche questa guerra, ormai già scoppiata.

Mercoledì, 1 marzo 2051 - contagi: +2467

Oggi è stato il mio ultimo giorno di spesa dopo una settimana intera trascorsa ad andare al supermercato. Finalmente torno a casa e ho la soddisfazione di poter riempire l'ultimo spazio rimasto in cima all'armadio. Giusto in tempo a quanto pare. Infatti appena accendo la tv per rilassarmi un attimo e tenermi aggiornato, ricevo la notizia che tutti stavamo aspettando. Siamo stati travolti dall'onda. Il coronavirus è arrivato anche qui. “Primo caso di coronavirus registrato in Italia a Castelbelforte in provincia di Mantova. Si stanno già prendendo dei provvedimenti per limitare il contagio come la chiusura del mercato settimanale”. Queste parole non smettono di rimbombarmi nella testa e non credo le dimenticherò mai. Sono entrato in guerra, siamo entrati in guerra un'altra volta, non si può più fuggire. Fortunatamente sono stato ben addestrato dalla pandemia del 2020 e prometto di non commettere gli stessi errori che avevano condannato l'umanità trent'anni fa.

Domenica, 5 marzo 2051 - contagi: +3362 - giorno IV

Le giornate passano e i segnetti sul muro di fianco al mio letto aumentano lentamente; oggi ho fatto la quarta incisione. Per il momento la noia non è ancora sopraggiunta. Non posso scrivere molto, devo assolutamente finire due serie tv.

Mercoledì, 8 marzo 2051 - contagi: + 3569 - giorno VII

La mia prigionia va avanti e insieme ad essa anche la noia progredisce secondo una proporzionalità diretta. Mi immagino il grafico nella mia testa con la linea rossa che sale all'infinito. Ma mi consolo sapendo che tutto questo lo sto facendo per il mio bene e per quello degli altri. Sto a casa e non prendo il virus per poi portarlo in giro e fargli esplorare nuovi corpi. Nonostante questo, vedo i disastri che il virus causa ogni giorno in tv. Come è possibile provocare una tale crisi? I supermercati sono vuoti, avrebbe dovuto fare come me tutta quella gente, avrebbe dovuto prevederlo. La città si è fermata, le strade sono deserte e tutti ormai sono chiusi in casa. Ora non ci resta che resistere.

Giovedì, 16 marzo 2051 - contagi: + 2883 - giorno XV

Mi ricordo ancora di quando questo stesso giorno 31 anni fa mi ero svegliato in modo piuttosto insolito. Non sono una persona mattiniera; mi è sempre piaciuto dormire fino a tardi, figurarsi quando avevo 15 anni. Ero un ragazzo immerso negli studi e per una volta potevo dormire tanto anche se non in circostanze piacevoli. A mezzogiorno ero ancora accovacciato nelle mie coperte quando all'improvviso ho sentito un rumore fievole farsi sempre più forte. Proveniva da fuori. Mi sono alzato e ho aperto la finestra di camera mia. C'erano tutti. Non una finestra era chiusa in quel momento. Le persone rinchiuse in casa erano uscite per applaudirsi a vicenda ma soprattutto tutti quelli che ogni giorno erano in prima linea ad offrire se stessi e i propri servigi per noi: i medici, gli infermieri, gli anestesisti. Erano tutti uniti. Tutti dalla stessa parte. Mi era dispiaciuto non averlo saputo prima e non aver potuto partecipare. Anche adesso dobbiamo avere pazienza e rimanere uniti, così come in passato.

Vi devo lasciare, sono le 12.00 e devo andare in balcone.  



Testo Ventesimo

PARLANDO SERIAMENTE

Il 19 dicembre 2019 un coronavirus, poi denominato Covid19 probabilmente proveniente da una particolare specie di serpenti cinese, nella piccola città di Wuhan, ( sembrerà strano ma nonostante abbia una popolazione di circa 15 milioni di abitanti, in Cina è classificata come una città di classe B, ovvero una medio piccola città ) viene trasmesso ad alcuni uomini, caratteristica tipica dei coronavirus che attraverso delle mutazioni talvolta si trasmettono da animale a uomo. Probabilmente in principio il virus viene sottovalutato o confuso per una normale influenza, ciò permette che si diffonda più velocemente, anche grazie alla sua alta infettività. Dopo alcune settimane dall'iniziale diffusione il governo cinese si rende conto della gravità della situazione ma anche a causa della segretezza e dell'immagine autorevole del governo stesso la popolazione non percepisce veramente la gravità del virus, pertanto il virus si diffonde ancora più velocemente e comincia a causare i primi morti e soprattutto comincia ad intasare gli ospedali. La Cina, uno degli stati più importanti del mondo non può permettersi di farsi vedere debole e vulnerabile di fronte ad una “semplice influenza”, perciò insabbia molte informazioni che erano trapelate e tappa la bocca ad alcuni giornalisti e medici che si sono arrogati l'inconcepibile diritto di dire la verità. Con l'avanzare del contagio il governo decide di prendere alcuni provvedimenti come la quarantena obbligatoria per i contagiati, il blocco dei locali di ritrovo e delle aziende, la costruzione di alcuni pseudo-ospedali in tempi record... tuttavia il contagio avanza rapidamente anche perché le persone, forse poco informate, si affollano negli ospedali, nei supermercati, nelle farmacie causando un'inevitabile progressione del contagio.

Mi chiedo una cosa, se il governo cinese fosse stato chiaro e trasparente fin dal principio e avesse adeguatamente informato la popolazione il contagio si sarebbe diffuso meno in fretta? Sarebbe stato fermato? Questa situazione non può che ricordarmi gli eventi accaduti nel 1986 a Chernobyl e in generale nell'Unione sovietica, in cui per salvaguardare l'immagine dell'URSS si sacrificò la vita di milioni di persone; per altro molti studiosi e storici attribuiscono la causa della caduta dell'URSS proprio al disastro di Chernobyl e alla sua gestione, perciò sono state vite sacrificate totalmente invano.

Nel mese di febbraio il contagio in Cina rallenta, però comincia a diffondersi nel resto del mondo, ci sono i primi casi in Corea, a Singapore, in Thailandia e con il tempo il virus raggiunge anche l'Occidente. In questo periodo succedono eventi sconvolgenti in Occidente, le comunità cinesi cominciano ad essere discriminate, i negozi e ristoranti cinesi ( ma non solo, anche quelli giapponesi, indiani, thailandesi... ) sono completamente privi di clienti, avvengono ripetutamente casi di razzismo e discriminazione. Questi sono eventi totalmente privi di senso e di giustificazione, dovuti all'ignoranza di molte persone e all'odio incondizionato che molti hanno nei confronti del diverso, odio che non è altro che una grande macchia di benzina che aspetta solo la scintilla giusta per appiccare un gigantesco incendio. Del resto l'Italia è un paese “fortunato”, in quanto grazie ad alcuni politici, giornalisti e personaggi pubblici ha scintille in abbondanza per appiccare fuochi in ogni momento.

Mi chiedo quindi ancora una cosa, questo virus è davvero il nostro problema, il problema del pianeta? Oppure siamo noi il problema? Il vero virus siamo noi, che infettiamo il pianeta da ormai centinaia di migliaia di anni e non abbiamo ancora imparato a convivere con la nostra stessa razza, ci uccidiamo tra di noi da sempre, ci discriminiamo, sfruttiamo a tal punto le abbondanti risorse del pianeta che lo portiamo vicino ad un punto di non ritorno. Forse questo coronavirus sarà solo d'aiuto al pianeta, perché indebolendo il vero virus che lo infetta, magari allungherà di qualche tempo la vita della terra. Nei secoli si sono susseguite la peste, la spagnola, il colera, l'ebola... noi siamo sempre sopravvissuti, il pianeta è sempre sopravvissuto, sopravviveremo anche al coronavirus.

Chissà invece se il pianeta sopravviverà a noi, se noi sopravviveremo a noi stessi.

Io non lo so, se non cambiamo, se non impariamo a convivere pacificamente nel rispetto del prossimo e dell'ambiente, pensando più alla collettività e meno al proprio interesse, temo che saremo il primo virus di sempre a vincere, a vincere contro l'umanità.



Testo Ventunesimo

QUATTRO FACCE DELLO STESSO DADO

Introduzione:

I recenti avvenimenti hanno sconvolto la vita di tutti noi. Ci troviamo costretti a casa, con una tale quantità di tempo libero che quasi ci spaventa. Ognuno vive questa situazione in modo diverso: c'è chi si abbandona alla spensieratezza e gode di tutto quel tempo sacrificato a lavorare, c'è chi si fa prendere dall'ansia e dall'angoscia e si abbandona nel letto disperato, c'è chi non ha la più pallida idea di cosa fare. Infine c'è chi compiange i morti ai quali non ha avuto neanche la possibilità di dare un ultimo sconsolato saluto.

Faremo parlare quindi quattro personaggi, ognuno dei quali appartenente ad una fascia di età diversa. Questi descriveranno la loro vita e le loro impressioni davanti ad una situazione così nuova e particolare nella sua tragicità.

Letizia, 4 anni

Qualche settimana fa hanno chiuso la mia scuola. All'inizio ero felice perché la nonna mi accompagnava tutti i giorni al parco davanti casa e io potevo giocare con i miei amici.

Una mattina però mi sono affacciata alla finestra e ho visto dei signori in divisa recintare il pacchetto con uno strano nastro a righe rosse e bianche. Quella è stata l'ultima volta che ho potuto sentire il profumo dei fiori appena sbocciati. Abitando al quinto piano l'unico odore che sento è la puzza degli uccelli quando passano, anche se quella rompiscatole di mia sorella dice che è impossibile.

La maestra ci ha dato il compito di piantare il nostro fiore preferito e lasciarlo sul balcone. Tutti i giorni dobbiamo annaffiarla e raccontarle delle storie, la piantina sentirà la nostra felicità e crescerà. Solo quando saranno cresciuti i fiori di tutti i compagni, torneremo a scuola.

Io ho piantato un girasole per la nonna Mariasole che porta felicità ovunque va. Ultimamente è triste, anche se cerca di non farmelo vedere, io però la conosco. Lei e nonno Pippo erano più innamorati di Cenerentola e il principe azzurro, ma il nonno è dovuto andare via, in un posto migliore, dove purtroppo la nonna non può entrare. Quindi, da quando hanno chiuso il parco, sto cercando di inventarmi dei giochi per strapparle uno di quei suoi sorrisi enormi e pieni di felicità. Mi sto segnando tutte le volte che la sento piangere di notte e tutte le volte che riesco a farla ridere, per ora siamo 11 per me e 7 per i signori in divisa.

Tutte le sere saluto la mia piantina e le racconto quello che mi è successo durante il giorno, come se stessi parlando al nonno. E tutte le volte sento papà accendere la tv, disturbando il mio discorso. Da quando siamo chiusi in casa gli piace sentire numeri, ieri sera ha vinto il 14431, l'altro ieri il 12567, chissà chi vincerà oggi.

Federica, 17 anni

Come ogni mattina mi sveglio con i capricci di Letizia, lancio un cuscino per farle capire che deve smetterla, e finalmente riesco ad accendere quell'unico amico che mi tiene compagnia in questi giorni. Controllo le ultime notizie sperando che la situazione stia migliorando, ma , giorno dopo giorno, inizio a perdere le speranze.

È assurdo pensare cosa un organismo più piccolo delle nostre cellule sia riuscito a fare in così poco tempo: in qualche settimana ha sconvolto la vita di 7 miliardi di persone, solamente esistendo.

Un mese fa ci lamentavamo delle troppe verifiche e facevamo il conto alla rovescia aspettando l'arrivo di carnevale. Ora quei piccoli banchi sporchi sono l'unico posto in cui vorrei essere, tra i miei amici, a ridere e scherzare.

È in questi momenti che vorrei avere gli occhi spensierati di mia sorella, riesce a sorridere e a rendere felici le persone intorno a lei nonostante tutto. Non le interessa cosa stia succedendo là fuori, o forse non è ancora capace di capirlo.

Chiusi in casa, i numeri sono diventati la nostra buonanotte, andiamo a dormire sperando che il giorno dopo i contagi diminuiscano e ci svegliamo scoprendo che non è affatto così. Medici, infermieri e ricercatori cercano di prevedere quando potremo tornare alla normalità. Dovevano essere tre giorni, poi sono diventati dieci ed ora è solo un enorme punto di domanda. Tutte le sere la televisione cerca di darci una risposta, “state a casa” dicono. È divertente il fatto che siano gli stessi che qualche giorno fa ci dicevano “ il virus è poco più di una semplice influenza”. Ma solo dopo aver perso migliaia di nonni, genitori e mariti si sono resi conto della gravità.

Massimo, 47 anni:

E' da ormai una settimana che sono recluso in casa con le mie due figlie e mia madre. Da quando è morto mio padre, infatti, per questo maledetto virus, siamo in quarantena e, se mai dovessimo uscire, passeremmo brutti guai. Le mie possibilità di tornare al lavoro sono quindi azzerate e non vedo come possa mantenere un'intera famiglia, pagare l'affitto e le bollette con quel poco di risparmi che mi è rimasto. Faccio fatica a staccarmi dalle preoccupazioni e dall'incombente ombra del coronavirus che, da un momento all'altro, potrebbe portarmi via le figlie e la madre come ha già avuto modo di fare con il mio povero padre.

Cerco di ingannare il tempo, distrarmi il più possibile: gioco con Letizia, aiuto Federica con i compiti, cucino con mia mamma. Finalmente ho tempo per stare un po' tranquillo e godermi la mia famiglia. Tuttavia aleggia nell'aria un senso di pessimismo e sospensione che mi veicola alla situazione reale: morti, malati, impossibilità di curare tutti. Voglio ignorare la crescente angoscia, perciò guardo negli occhi Letizia: come le invidio quella docile spensieratezza, quell'illusa convinzione che tutto questo non sia altro che un gioco, un brutto sogno. Vorrei esser bambino anch'io.

Mariasole, 80 anni:

La morte di mio marito è stata sì un avvenimento tragico, ma cerco di andare avanti, per mio figlio e le mie nipotine. L'impossibilità di dare sepoltura all'uomo che mi ha accompagnata per 55 anni mi ha spezzato il cuore. Non voglio, non posso, non devo però abbandonarmi ad una sterile depressione. Ho speranza, ho voglia di vivere e fare tutte quelle poche cose che io e Pippo ci eravamo ancora promessi di fare assieme.

Mai mi era capitato di vivere una situazione del genere. Ho visto con i miei occhi e sperimentato sulla mia pelle gli effetti catastrofici di una guerra: sono stata barricata in casa, ho fatto provviste di cibo, ho pianto sudore e lacrime, ma questa volta la situazione è diversa. Anche il modo in cui le persone reagiscono è del tutto unico: si avventano sugli scaffali dei supermercati per fare riserve di cibo e così placare una fame che, però, non hanno. La causa di tutto questo è il non sapere dove è il nemico. Quando ero giovane tutti sapevamo che il pericolo veniva o dai cieli con gli aerei o dai camioncini color verde militare. Avevamo identificato quindi un nemico e sapevamo contro chi combattere. Con lo scoppio di questa pandemia, però, il non-sapere dove il virus da annientare si celi ha portato ad una serie di crisi nervose e comportamenti irrazionali. Spero che la gente abbia modo di vedere il mondo con gli occhi pacati di un'anziana signora, finché non sarà portata via anch'essa dal l'inesorabile potere di questa viscida creaturina.

Nel frattempo, provo a sconfiggere la noia e dedicarmi alla lettura, ai giochi con le mie nipotine, al cucinare con quel pericolo vivente di mio figlio: ogni volta che cucina qualcosa, o la brucia o mette lo zucchero al posto del sale.

Cerco la felicità nelle piccole cose, perché di grandi ce ne sono già abbastanza.



Testo Ventiduesimo

IL VIRUS E LA QUARANTENA

INTRODUZIONE

È difficile dover rinunciare alla propria quotidianità, essere costretti a restare chiusi in casa, non poter più uscire con i propri amici, dover rinunciare alle proprie passioni. Sembra di essere in prigione. Eppure non ci è concessa nemmeno un'ora d'aria. Tutto questo per ridurre un contagio che si diffonde a macchia d'olio. Dalla Cina all'Italia e poi in tutta Europa e anche oltre oceano fino ad arrivare all'America. Siamo tutti nella stessa barca. Non siamo al sicuro da nessuna parte. È come una persecuzione, ma non contro una “razza”, come è accaduto più volte nella storia, ma contro tutta l'umanità. Nessuno sa quando tutto questo finirà. Non sarà di certo cosa breve, ma ci dobbiamo fare forza e sopravvivere. È opprimente la sensazione di non poter uscire dalle quattro mura di casa propria, ma soprattutto noi ragazzi dobbiamo essere in grado di lasciarci trasportare dalla nostra mente e dalla nostra immaginazione in un altro mondo. Un mondo senza problemi, senza preoccupazioni, un nostro piccolo angolo di felicità dove poter trascorrere queste giornate in serenità, magari dedicandoci a ciò che ci piace davvero fare e che magari a volte trascuriamo per mancanza di tempo. Quindi ora apri un libro, mettiti addosso un paio di cuffie, cucina il tuo piatto preferito e goditi questi momenti di spensieratezza! Non stare tutto il tempo sdraiato sul letto come un morto! So che hai nostalgia della semplice quotidianità. Se c'è qualcosa che ti manca davvero tanto trova il modo di sentirla più vicina. Pensate che io, prima che scoppiasse questa pandemia, ero alle prese con la scrittura del copione del nuovo spettacolo teatrale che io e il mio gruppo dobbiamo mettere in scena tra solo un paio di mesi. Le date sono già fissate e noi ora ci troviamo in alto mare perché non abbiamo più la possibilità di riunirci per fare le prove. Non so come faremo, ma mi manca quella realtà di attesa, sospensione e confronto che caratterizza il periodo precedente alla messa in scena di uno spettacolo. Per questo motivo mi sento ora in dovere di fare qualcosa per poter continuare a praticare questa attività anche da sola e chiusa in una casa. Quindi mi sto cimentando nello scrivere in autonomia dei brevi saggi teatrali. Questo tratta proprio della dura realtà che siamo costretti a vivere in questo periodo.

PERSONAGGI

Coronavirus (personificazione del virus)

Ragazzi adolescenti (lo sportivo, il secchione, il bullo, il pigro, l'ubriacone)

Folla ignorante

Mamma del Bullo

Ricercatore 1

Ricercatore 2

Ricercatore 3

SCENA 1

Voce fuori campo che annuncia la chiusura delle scuole. I ragazzi festeggiano.

Voce fuori campo: Attenzione, attenzione! Il Presidente della Regione ha appena firmato un nuovo decreto.

Coro di ragazzi: Ohhh. Chissà di cosa si tratta. Tanto come al solito a noi non cambierà proprio nulla.

Voce fuori campo: Allora! Silenzio, per favore! Vista la situazione di emergenza data dall'arrivo anche in Italia di questo virus misterioso, la regione Lombardia ha deciso di prendere alcuni provvedimenti per prevenire la diffusione e l'aumento dei contagi.  Tra i provvedimenti previsti sono contemplati: la sospensione di manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche di carattere culturale, ludico, sportivo e rel...

Ragazzo sportivo:  No, no, no! Ma cosa stai dicendo! Non è possibile che siano state sospese le gare sportive. Questo weekend dovevo giocare la partita di campionato più importante di tutte, quella decisiva! Ma poi cosa faccio tutto il giorno se non posso più andare ad allenarmi?

Ragazzo pigro: Semplice. Puoi dormire tutto il pomeriggio proprio come faccio io ahahah (risata seguita da uno sbadiglio).

Voce fuori campo: Riprendiamo da dove eravamo rimasti... e religioso, anche se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico; sospensione dei servizi educativi dell'infanzia e delle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche e di formazione superiore, corsi professionali, master, corsi per le professioni sanitarie e università per gli anziani ad esclusione degli specializzandi e tirocinanti delle professioni sanitarie, salvo le attività formative svolte a distanza;

Il secchione: Spero proprio che il Presidente della Regione stia scherzando! Ci sta privando del diritto allo studio!

Il bullo: Ahahah, ma che diritto allo studio e diritto allo studio! Ora avrai il diritto a dormire fino alle tre di pomeriggio! (risata di tutti)

Il pigro: Finalmente qualcuno che mi capisce...

L'ubriacone: Quindi per festeggiare ci andiamo a fare tutti una bella birretta! Dai venite offro io.

Il bullo: Finché non devo pagare io mi va bene tutto.

Il secchione: Sei sempre il solito!

Il bullo: Almeno non sono noioso come te!

Il secchione: E io non sono stupido come te!

Il bullo: Prova a ripetere quello che hai detto se hai il coraggio...

L'ubriacone: Ragazzi, ragazzi! Basta litigare! Dai tutti in birreria che oggi dopo questa bella notizia c'è solo da festeggiare!

Il bullo e il secchione: Va bene dai, questa volta hai ragione tu. Andiamo.

SCENA 2

Inizia a calare la paura che rapidamente si trasforma in panico (climax: preoccupazione, paura, panico totale).

Il bullo:  Ciao mamma, esco con i miei amici. Torno per cena.

Mamma: No, aspetta! Dove vai? È meglio se stai a casa.

Il bullo: Ma cosa dici! Ora che hanno chiuso le scuole non devo nemmeno più studiare. (A bassa voce) come se prima lo facessi.

Mamma: Proprio perché hanno chiuso le scuole ho il presentimento che sia una cosa grave.

Il bullo: Ma dai, stai tranquilla, cosa vuoi che sia un po' di febbre. L'ho già avuta almeno una decina di volte nella mia vita e non sono mai morto.

Mamma: Non dire così, non capisci che non è una semplice febbre! Non si sa ancora di che virus si tratti e da dove venga. Non c'è una cura certa. Ho paura per te! Non uscire stai in casa, ti prego. (si accovaccia a terra e inizia a piangere)

Il bullo: Va beh dai, ci vediamo dopo.

Esce di casa chiudendosi la porta alle spalle e raggiunge gli amici al bar.

L'ubriacone: Allora bulletto, come mai sei arrivato così in ritardo?

Il bullo: Mia madre è così paranoica che non mi voleva far uscire, ma figuriamoci se l'ho ascoltata. Ha paura che mi prenda il virus...

Il secchione: E ha ragione! Non dovremmo stare qui!

L'ubriacone: Ma non rovinare sempre la festa!

Il bullo: Si infatti. E poi se arriva il Coronavirus con questi muscoli qua lo stendo al tappeto ahahah.

Il secchione: Io non ci riderei più di tanto.

L'ubriacone: Ma vattene che non ti sopporta più nessuno!

Il secchione: Si, preferisco andarmene che stare qua con voi e rischiare pure di prendermi il virus! (esce di scena un po' arrabbiato)

Il bullo: I migliori sono sempre quelli che restano.

L'ubriacone: Hai ragione.

Più tardi a casa del bullo.

Mamma: Finalmente sei tornato! Veloce, dobbiamo andare subito al supermercato perché al telegiornale hanno detto che tutti i cittadini hanno paura di rimanere senza cibo e stanno facendo a gara per portarsi a casa più scorte alimentari possibili. Andiamo!

Il bullo: Scusa ma non eri tu quella che fino a due ore fa non voleva che uscissi per nessuna ragione?

Mamma: Si, ma questa è una questione di vitale importanza. Immaginati dover restare senza cibo per chissà quanto tempo. Dai veloce, dobbiamo andare!

Mamma e figlio si dirigono di corsa al supermercato più vicino, dove trovano una folla quasi inferocita e gli scaffali già mezzi vuoti. (Coronavirus intanto rincorre le persone diffondendo sempre di più il contagio).

Il bullo: Oh mio Dio! Ma non c'è più nulla in questo posto!

Mamma: E' per questo che ti ho detto di muoverci. Dai forza, non perdiamo tempo ora. Prendi un carrello e riempilo con più cose che puoi.

Il bullo: Ma qui non ci si può nemmeno muovere tanta gente che c'è!

Mamma: Non importa! Se è necessario ad aggiudicarti l'ultimo pacco di pasta, ti concedo il permesso di prendere a spallate pure i vecchietti!

Il bullo: Ricevuto ma'.

Scena paradossale in cui la folla si picchia e ruba i prodotti dai carrelli altrui pur di tornare a casa con più cose possibili. Intanto il virus si diffonde.

SCENA 3

Qualche giorno dopo iniziano le misure restrittive. Tutti sono costretti a stare in casa. Riscoperta del piacere di stare in famiglia.

Il bullo: Mamma vedi che avevo ragione io a voler uscire qualche giorno fa. Guarda ora, siamo costretti a stare chiusi qua in casa. È una tortura!

Mamma: Lo so. Hai ragione. È stancante dover stare qua in casa, ma alzati almeno un po' da quel letto! Aiutami a preparare da mangiare che voglio cucinare la tua torta preferita.

Il bullo: Se intendi quella al cioccolato, scordatelo! È piena di calorie e ora che hanno chiuso anche la palestra non posso ingrassare.

Mamma: Dai, vieni qui che in qualche modo dobbiamo farcela passare questa quarantena.

Il bullo: Ok. Ammetto che mi hai convinto. Per questa volta ti aiuterò.

Madre e figlio preparano insieme la torta. Un'oretta dopo...

Il bullo: Mamma mia che fatica però. In più devo ammettere che mi mancano parecchio i miei amici, anche quello sfigato del secchione! Chissà quanto andrà avanti questa situazione.

Mamma: Anch'io spero che finisca al più presto, ma per ora i contagi continuano ad aumentare. Speriamo che i ricercatori si diano da fare per trovare al più presto una cura efficace.

SCENA 4

Nei laboratori di ricerca, dove si indaga sul Coronavirus.

Ricercatore 1: Allora a che punto siete della ricerca? Trovato qualcosa di nuovo?

Ricercatore 2: Nulla di certo per ora. Io e la mia squadra stiamo lavorando per trovare un vaccino, ma come sapete servono dai 12 ai 18 mesi per essere certi che sia efficace.

Ricercatore 3: Noi siamo riusciti a isolare un ceppo del virus e ora vogliamo provare a fare diverse colture da trattare con diversi tipi di antibiotici per vedere qual è il più adatto.

Ricercatore 1: Bravi ragazzi, continuate così! State facendo un ottimo lavoro. Peccato che il virus si diffonda così velocemente. Il nostro compito è di proteggere la popolazione attraverso la ricerca scientifica. So che siete parecchio stanchi. Per noi questi giorni sono molto intensi e pieni di lavoro, ma in questo momento la vita delle persone è nelle nostre mani! Dobbiamo riuscire a trovare al più presto una cura e poi dopo averla trovata proveremo anche a capire da dove proviene questo virus misterioso e perché si è diffuso proprio in questo momento.

SCENA 5

La risposta del colpevole. Il Coronavirus si piomba nei laboratori per contagiare anche i ricercatori, che però lo riescono a bloccare e come un prigioniero confessa.

La porta del laboratorio si spalanca.

Coronavirus: Ormai nemmeno voi avete scampo al mio contagio! (risata malefica)

Ricercatore 1: Veloci passatemi il vaccino sperimentale e gli antibiotici più efficaci che avete trovato! Muovetevi o moriamo tutti qua dentro!

Ricercatore 1 si avvicina per iniettare il vaccino al virus, ma viene colpito. Intanto Ricercatore 2 e Ricercatore 3 rigorosamente con guanti e mascherina lo afferrano e, poiché Coronavirus è stato indebolito dal vaccino, riescono a portarlo in una camera di sicurezza, dove è costretto a confessare.

Coronavirus: Ormai mi avete preso e vi spiegherò tutto. Non sono stato creato in laboratorio, ma mia madre è la natura ed è lei che mi ha creato. Sì, proprio così, avete capito bene. E sapete perchè? Perchè voi uomini siete degli egoisti e non vi state minimamente accorgendo che, con i vostri mezzi di trasporto, con le vostre fabbriche e con le vostre montagne di rifiuti, state inquinando il mondo distruggendolo! Ricordatevi che voi senza la natura non potete sopravvivere. Chi vi fornisce l'ossigeno se non gli alberi che state abbattendo? E gli unici che si sono accorti di questo danno che state facendo sono i ragazzi che voi adulti però non ascoltate! Da loro esattamente un anno fa, il 15 marzo 2019, è partito il primo sciopero mondiale per il clima. È per questo motivo che i ragazzi sono più resistenti al mio attacco. Perché sono gli unici che hanno a cuore il problema dell'emergenza climatica. Io sono un'autodifesa della natura, che sta morendo solo per colpa vostra. Sapete in questo periodo di quanto sono diminuite le emissioni di CO2 nell'aria? E quanto inizino ad essere più limpidi i corsi d'acqua? Di molto! Negli ultimi anni l'aria non era mai stata così pulita e le acque così azzurre. Serviva un virus per farvelo capire? Lo spero! Ora io vi propongo di fare un patto: voi mi lasciate chiuso qua dentro dove non posso più infettare nessuno, ma manterrete il segreto su tutto ciò che vi ho confessato. Non dovete rivelare a nessuno della mia sconfitta così, in questo periodo che vi servirà per guarire la popolazione e ritornare alla normalità, le persone, chiuse nelle loro case, avranno ancora un po' di tempo per riflettere su tutto ciò che stanno credendo di perdere: la semplicità e la bellezza della vita quotidiana, la consapevolezza dell'importanza dei rapporti sociali, ma soprattutto la libertà. Quando tutto questo finirà avranno più a cuore l'importanza di tutte queste cose che sono abituate a dar per scontato. Avete visto che il vaccino che avete testato su di me funziona perché siete riusciti a indebolirmi parecchio, quindi potete usarlo tranquillamente sulla popolazione e tra un mesetto vedrete che tutto sarà tornato alla normalità. Sappiate però che se dopo questa pandemia continuerete a distruggere la natura come avete fatto fino ad adesso, lei si ribellerà ancora.

Dopo un ultimo respiro Coronavirus morì ucciso dal vaccino.



Testo Ventitreesimo

UN RACCONTO AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

In una fredda mattinata di marzo ai giardini di Milano, fecero la loro comparsa due amici che approfittavano della chiusura delle scuole per stare nella natura e discorrere un po'. Il primo indossava un giaccone tendente al grigio, era alto di statura, scuro di capelli, ben pasciuto e aveva il volto accuratamente rasato e sormontato da un paio di occhiali dalle dimensioni addirittura soprannaturali, con una montatura d'oro massiccio su cui vi era scritto il suo nome, Luca. Il secondo, un giovanotto tutto pelle ed ossa, coi cappelli tutti arruffati, a cui tentava di porre un freno con un codino; indossava un completo invernale, pantaloni bianchi spiegazzati e bucati un po' d'dappertutto e un paio di scarpette leggere, nere.

I due non erano altro che studenti di uno dei massimi licei di tutta la loro nazione, il Volta e si stavano godendo l'assenza di lezioni per quel giorno.

Stava passando davanti a loro un gracile vecchietto che stava per fare qualcosa che li avrebbe spaventati a morte come neanche il diavolo in persone sarebbe capace, starnutì.

I nostri studenti balzarono in piedi come delle lepri e corsero e corsero finche del povero vecchietto, che probabilmente aveva solo l'influenza non vi fu più traccia. E proprio in quel momento accadde qualcosa di soprannaturale, l'aria dinnanzi a loro cominciò ad addensarsi e a diventare sempre più scura e da quest'aria si materializzò un elegante gentiluomo dall'aspetto oltremodo esile e bizzarro. Un individuo alto due metri e passa ma con le spalle strette e d'incredibile magrezza, i capelli tra il grigio ed il bianco creavano un riflesso come di soprannaturale. Questi si mise a guardarsi intorno come se osservasse tutto per la prima volta e andò a sedersi su una panchina li affianco.

«Oddio» esclamò Luca «lo sai, Giò, che mi è venuto un mezzo infarto» tentò di ridere anche se gli tremavano ancora le mani. «Beh, allora...» riprendendo il discorso interrotto dal diabolico vecchietto.

Questo discorso riguardava il fantomatico coronavirus su cui i due amici avevano due opinioni decisamente contrastanti. «Ma è ovvio» stava dicendo Luca«ho sentito un mio amico che è amico di un tizio che è amico d'un altro tizio che è stato in Cina che gli ha detto che è un virus inventato in laboratorio che appena contagerà abbastanza persone diventerà più mortale della pest…» «Ma cosa stai dicendo, È solo una banale influenza niente di più niente di meno, gli esperti dovrebbero smettere di preoccupare la gente creando una psicosi collettiva»

«Disgraziato» proseguì Luca «Se tutti la pensassero come te i cinesi ci avrebbero uccisi tutti già da tempo». A quel punto Giovanni stava per controbattere quando il vecchio si alzò ed andò verso di loro, «Chiedo scusa se mi intrometto» disse il vecchietto con un accento straniero ma senza storpiare le parole «ma l'argomento del vostro discorso è talmente interessante che non ho potuto fare a meno di avvicinarmi» “questo è impazzito” pensarono all'unisono i nostri studenti. «Quindi se ho capito bene lei» indicando Giovanni«è d'accordo con quelli che pensano che il corona virus non è altro che una semplice influenza e non uccide nessuno» 

«In modo radicale» rispose Giovanni che amava esprimersi in maniera forbita.

«E cosa pensa quindi dei morti?» e Giovanni senza l'ombra di una esitazione «Sono stati inscenati dai poteri forti per creare il caos». Il vecchio stranamente non sembrò vagamente sorpreso ed anzi pose una domanda ancora più strana «Lei invece come pensa di morire?» 

«Non saprei, spero vecchio, in un letto e circondato dai miei cari» «Ah così pensa» Rispose il vecchio«Vuole forse che io le dica come veramente morirà?»

«E me lo dirà?»

«Se così le piace … Giove nascente, la Luna deve ancora sorgere per gli arieti è un anno buono il gatto nero è passato sotto la scala» e in maniera euforica quasi gridò «coronavirus fulminante»

«Ma certo coronavirus fulminante come ho potuto non pensarci»disse Giovanni «e chi causerà la mia morte? Dei cinesi forse?» 

«Esatto come ha fatto ad indovinare, ma mi permetta di chiederle cosa farà questo pomeriggio?»disse il vecchio sogghignando.

«Andrò all'Esselunga a comprare degli stuzzichini per la mia festa» 

«Ah no questo è assolutamente impossibile» «E le posso chiedere il perché?»

«Certamente, perché Dong venerdì ha ballato»

 «Mi scusi ma vorrei dire una cosa al mio amico»

 «Certamente, io aspetterò qui»

I due si allontanarono un attimo e Giovanni disse «Questo qui è proprio impazzito, se non ti dispiace io andrei casa» «Ti accompagno»

Stavano camminando e affianco a loro c'era una ragazza con una mascherina di quelle a doppio filtro che avevano dato al mattino a tutti coloro che erano malati ma per cui non c'era posto in ospedale. Lei improvvisamente diede un colpo di tosse che fece volare la mascherina, che prese una strana traiettoria. Giovanni la vide arrivare ma visto che pensava fosse una semplice influenza non si scostò e la mascherina gli toccò la faccia. Quello che seguì fu qualcosa di soprannaturale. Giovanni iniziò e diventare viola in viso, bastava osservalo per capire che era caldissimo poi iniziò a tossire talmente forte da sputare sangue ed infine si accosciò ed iniziò ad ansimare come se non trovasse l'aria e poi, si spense. A tutto ciò i presenti non sapevano come reagire erano come paralizzata dal terrore di questa morte fulminante e poi, iniziarono a gridare. Ma tra le grida di terrore il nostro studente riuscì a sentire la madre della ragazza che le gridava addosso «È tutta colpa tua Dong …non dovevi uscire quel venerdì sera!» Luca chiamò l'ambulanza ma quando poi quella se ne andò a sirene spente, lui sapeva cosa fare. Si voltò e corse verso il parco alla panchina dove aveva avuto luogo quel malaugurante incontro. Fortunatamente era ancora lì e quindi Luca lo affrontò. «Cosa diavolo ha fatto?» gridò luca con tutta la l'aria che aveva in corpo mentre una lacrima gli stava marcando il viso. «Al suo amico ho semplicemente concesso una fine più rapida di quella che avrà lei» rispose il vecchio.

 «Ma chi si crede di essere?!»

«Questo non è minimamente importante cioè che è importante e ciò che ora accadrà a lei» mentre diceva ciò dalla sua bocca esalò una massa d'aria verdastra che si mosse nell'aria ed entrò nel corpo di Luca. Il vecchio fece un ghigno«ti rincontrerai col tuo amico tra 12 giorni» e si dissolse, dal nulla era arrivato e nel nulla ritornò.

Luca aveva capito cosa gli fosse successo e quindi con una maturità che non aveva mai avuto prima corse a casa facendo attenzione a stare ad almeno due metri da qualsiasi altro passante, aprì il portene con un calcio salì le i gradini a due a due e si mise al computer per informarsi finalmente su com'era realmente il virus. Da quel giorno uscì di casa il meno possibile ed anzi usciva di casa solo per comprare mascherine ed igienizzanti da mandare ad ospedali ed altre persone malate che però erano costrette ad uscire perché sole. Ma la sua situazione peggiorò sempre di più, quando smise di muoversi autonomamente fu portato in ospedale poi smise di parlare. Erano passati 12 giorni. Il vecchio ritornò e lo trovò così: stava l'infelice, immoto; spalancati gli occhi ma senza sguardo, l'avreste detto il viso d'un cadavere, se una contrazione violenta non avesse reso testimonio di una vita tenace. Il petto si sollevava di quando in quando, con un respiro affannoso.

«È arrivata la sua ora, devo portarla via» Luca fece sì con la testa aveva capito che aveva profondamente sbagliato e se quel vecchio avesse voluto punirlo per l'eternità sarebbe stato pronto ad accettare la punizione.

Poi si svegliò era stato tutto un sogno, ma non per questo mandò tutto all'aria. Iniziò a studiare si unì ad un gruppo di ricerca in Italia e fece ciò che tutti persino lui credeva impossibile: trovò un vaccino.



Testo Ventiquattresimo

MILANO È UNA BOMBA!

Milano, 15 Marzo 2020

Usciamo da una metro semivuota e saliamo le scale per giungere in Piazza del Duomo. Finalmente la nostra occasione di fare la storia dell'Islam: lo scoppio di una bomba davanti la Madunina, cosa c'è di più memorabile? Altro che 11 Settembre… tutti ricorderanno questo giorno come il giorno in cui Abdul e Amir hanno fatto una delle più grandi stragi della storia. Controllo che Amir abbia il pacco: non mi fido molto di lui, a volte pare un pochino scemo.

Finalmente giungiamo nel luogo del delitto, dove migliaia di occidentali maledetti perderanno la loro vita. Subito appare un problema: non c'è anima viva, sembra quasi che la strage sia già stata fatta. Invio Amir a cercare qualcuno a cui chiedere spiegazioni. Intanto ammiro la Piazza: è proprio un bel posticino, un peccato farsi scoppiare proprio lì, ma questi sono gli ordini di Allah e perciò vanno seguiti ciecamente. Ci sono anche delle carinissime palme… mi ricordano di casa mia, lì in Iran.

Amir ritorna e con lo sguardo afflitto mi dice: “ Eh niente. Stanno tutti a casa per colpa di questo coronavirus.” Non mi arrabbiavo così tanto da quando Muhammad ( il mio vecchio assistente, ancora più stupido di questo) non dimenticava il pacco bomba a casa in Iran. “ Come osa questo Coronavirus venire qua e pretendere di farsi scoppiare prima di noi? No, non lo accetto, portami da lui che gliene dico quattro. Ci eravamo prenotati prima noi sul sito ‘terrorista del mese'. Questo tipo viene qui e cerca addirittura di rubarmi la clientela. Io lo ammazzo questo”. Amir sembra divertito: “ E' un virus capo, non una persona, non lo puoi uccidere”. Corrugo la fronte: “ Zitto Amir, ogni volta che parli porti zizzania. Questi maledetti occidentali e le loro diavolerie, a casa mia in Iran i virus non esistono”.

Ci limitiamo a fare un giro della zona. Da Vittorio Emanuele alla galleria incontriamo al massimo due persone: un netturbino ( mi piace la sua divisa gialla shocking, potrebbe dare vita ad una moda) ed un poliziotto. Amir si ferma, dice di avere un'altra idea geniale: “ Perché non far scoppiare i piccioni? Sono tanti, e credo la gente del luogo li adori. Sono l'emblema del capitalismo, dello strapotere delle multinazionali occidentali”. Lo guardo pietosamente: “ stai zitto Amir, o vuoi fare la fine di Muhammad? Eh? Bravo Amir, stai zitto che altrimenti te la taglio quella lingua.”

Nessuna anima viva. Con il mio inglese forbito chiedo ad un edicolante dove è che possa trovare un po' di gente. Mi indica stranito il supermercato.

Finalmente persone, tantissime persone. Una dietro all'altra, munite di mascherine e guanti. C'è da dire che questo coronavirus è un tipetto tosto, mi fa piacere essere in competizione con un collega del genere. Ha ancora tanto da imparare, ma posso insegnargli un po' di trucchi del mestiere.

Un posto con delle persone! “Capo, però di questo passo non ci sarà più cibo per noi! Guarda, escono con minimo 10 sacchetti per persona!” . “Amir, devi sempre essere così stupido? Non siamo qui per saziare quel buco nero che hai in pancia!”. Io a momenti lo strozzo, cosa mi è passato per la testa quando ho scelto lui come aiutante? Chiedo ad Amir di ripetermi i vari reparti di un supermercato “pasta, caramelle, surgelati, bevande...” Bevande! È li che faremo lavorare il nostro gioiellino, le bottiglie scoppieranno in modo da amplificare l'effetto. Geniale! “...frutta, verdura”. “Amir stai zitto!”. “Si capo”. Questo deve sempre parlare a sproposito.

 

Ce l'abbiamo fatta, i prossimi siamo noi. “Amir, al reparto delle bevande”. “Ma come capo, io sono  venuto qui per mangiare, non per bere!”. “Stai zitto o ti rimando da quella pazza furiosa di tua madre”.

“Avanti il prossimo” il nostro piano sta per realizzarsi, dobbiamo solo...NO, non ancora! Ne ho abbastanza! Che problemi ha la gente qui?! Ci saranno 10 persone in croce!. “Capo! Hanno portato via tutte le patatine! E le caramelle!”. “Amir stai zitto! Abbiamo ben altri problemi al momento. Non vedi che è tutto deserto?” Due ore di fila sprecate, avremmo potuto trovare un altro posto a quest'ora. “Amir andiamo via”. “Capo ho fame!” “Ti concedo una mela, dobbiamo ripulire il tuo mini-cervello di tutto quel grasso”. Dove saranno tutti? Non possiamo fare un attentato se non c'è nessuno. E non possiamo non farlo, i piani alti ordineranno la nostra morte. Come faremo?

Perseveriamo nella nostra ricerca disperata di vittime per la nostra bomba. Il coronavirus ci ha tirato un bello scherzo! Camminiamo camminiamo camminiamo e alla fine eccoci davanti ad una struttura fatiscente.

“Capo capo, guarda davanti a te!” Per una volta Amir ha usato quella sua testa bacata. Davanti a noi c'è una marea di persone, un via vai continuo. Camici bianchi che cercano di far entrare persone doloranti, questo coronavirus ha fatto una vera strage. Dico ad Amir di prendere appunti: interessante il metodo di agire di questo virus, ci servirà in futuro. Ci avviciniamo. Sembra una di quelle guerre che avvengono spesso a casa in Iran: pazienti in fin di vita, medici e infermieri che lottano contro la morte. Questo coronavirus è proprio un bel tipetto, mi sembra quasi una sfida. Ormai si è fatto tardi, Io e Amir decidiamo di trascorrere qui la notte e riprendere un po' di energie.

Ci rintaniamo in una stanza piena di tubi nel sotterraneo di questa struttura. Durante la notte sento Amir avvicinarsi, più lo spingo via e più si avvicina. “Amir levati!” “Capo fa freddo e tu sei così caldo” ha ragione, brucio. Non mi sto sentendo tanto bene, sarà la stanchezza, meglio rimettersi a dormire. Pochi minuti dopo mi sveglio con una tosse fortissima, non riesco quasi più a respirare. “Amir!” “Capo capo cosa c'è che non va?” “Non vedi che sto soffocando? Vai a cercare aiuto”.

Questa è la storia della mia morte, la storia di un povero terrorista privato del suo stesso lavoro. In questi tempi non ci si può neanche far scoppiare in santa pace.



Testo Venticinquesimo

UNA VACANZA IN PRIGIONE

Marco detesta le crociere. Odia o ha paura di ogni aspetto di una crociera: dallo stare a mare, senza via d'uscita, per settimane, all'abbondanza di pensionati e bambini rompi-scatole. Ogni volta che sente nominata la parola, sbuffa e si lamenta, e qualsiasi volta che un conoscente prenota una crociera, immediatamente corre da lui per esporre il proprio disgusto e convincerlo ad annullare il viaggio. Praticamente tutti nel paese sono a conoscenza di queso odio.

Fu quindi molto divertente quando, per il suo trentesimo compleanno, il suo gruppo di amici stretto si mise d'accordo, e gli acquistò proprio un biglietto per una crociera. Ovviamente, per aggiungere al tormento, comprarono il biglietto più economico possibile. Pacchetto basic, ultime due settimane di Febbraio, destinazione finale Yokohama, in Giappone, prezzo finale 349 euro. Dovette accettare per non risultare maleducato, scelta che gli lasciò l'amaro in bocca.

Quando arrivò il giorno della partenza, salutò tutti i suoi parenti e amici come se stesse per andare in guerra, e prese un volo per Hong Kong, città dal quale sarebbe partita la nave. Era un posto che aveva sempre desiderato visitare e che lo affascinava molto, peccato che poche ore dopo l'atterraggio sarebbe dovuto imbarcare su un blocco di metallo galleggiante e rimanerci per mezzo mese.

Le settimane a venire furono un incubo. Finì l'unico libro che aveva portato con sé in una mattinata, decise quindi di esplorare un po' l'imbarcazione. Si accorse ben presto che c'era poco da fare: in piscina era pieno di bambini che non la smettevano di piangere o urlare; guardare il "panorama" gli dava il mal-di-mare; entro un'ora si era già rintanato in camera, stanza che era poco più grande di un bagno chimico. Provò a connettersi alla rete Wi-Fi della crociera... siccome era satellitare costava 100 euro al giorno! Ritenne che chiedere un prestito bancario solo per potere guardare Facebook non ne valeva la pena. E proprio a causa di questa disconnessione dal mondo esterno, gli sfuggì un evento che stava colpendo l'intero pianeta.

Di notte non fu molto meglio: in ogni stanza adiacente alla sua c'era qualcuno che russava e combinati insieme formavano un rumore più forte di un trapano. Dormire era abbastanza impossibile, e quindi spese la maggior parte delle giornate a recuperare il sonno delle notti precedenti. E la sfortuna volle che le uniche tappe in cui gli era permesso scendere dalla nave, accaddero proprio mentre stava dormendo.

Sembrava un sogno, ma finalmente arrivò a destinazione e la nave approdò al porto di Yokohama. Ma ecco che sentì un'annuncio, prima in Giapponese, poi Inglese. All'inizio capì solo alcune parole "... virus... quarantine... two weeks... ". Ben presto si rese conto della la situazione: a causa di un virus che aveva colpito alcuni membri della crociera, lui e tutti gli altri sarebbero dovuti rimanere nella propria stanza, sulla crociera, in quarantena, per le prossime 2 settimane. Ed ecco che l'incubo continuò. Gli unici contatti con altre persone erano con i membri dell'equipaggio, che 3 volte al giorno venivano a portargli del cibo scadente. Sembrava essere in un carcere. Finalmente il tormento finì. Quando lo fecero scendere, aspettò ad esultare, sapendo bene che qualcos'altro poteva andare storto, ma per fortuna era libero veramente questa volta.

Immediatamente andò all'aeroporto, dove acquistò un biglietto per tornare a casa. Essendo l'ultimo volo diretto in Italia, gli costò ben 2000 euro. Dopo 12 ore in aria, atterra, e stremato mette in moto la macchina che aveva parcheggiato fuori dall'aeroporto. Essendo a lui ignota qualsiasi notizia uscita nelle scorse ore, arrivato in autostrada, diretto a casa, accende subito la radio "... l'intero paese è stato messo in quarantena...". E come per punizione divina, meno di 30 secondi dopo arriva ad un blocco. Ed ecco che gli avvicina un carabiniere al finestrino della macchina. "Ce l'hai l'autocertificazione?"



Testo Ventiseiesimo

METÀ INDIFFERENZA E METÀ CATTIVERIA

Di colpo, in piena notte, mia madre mi sveglia sventolandomi davanti agli occhi una mascherina e dicendomi "dai su muoviti che partiamo tra 10 minuti"

"maaaa lo sai cosa penso delle mascherine"

"sì ho capito, ma nonostante tutto le indossa la maggior parte della gente, quindi poche storie".

A quel punto, chiesi perplesso “dove andiamo?” Lei fece finta di non sentire e così partimmo. In macchina c'era un'atmosfera da brividi, si percepiva nettamente il senso di paura misto ad ansia e inadeguatezza; c'era mio fratello che agitava convulsamente le mani per aprire un pacchetto di fazzoletti, mia madre, al volante, che cercava di nascondere la sua preoccupazione con pessimi risultati e mio padre ancora un po' addormentato, ma si notava in lui un forte senso di tristezza. Improvvisamente mia madre esordì, con uno scarso tentativo di tono solenne, "alla luce dei fatti riguardanti il virus, abbiamo deciso di andare a stare dai parenti in Svizzera". Normalmente prima di partire soleva il rito della lettura da parte di papà di tre frasi ad effetto sul viaggio, ma questa volta lui non lo fece forse per la situazione o forse perché si era dimenticato. Tutto questo contribuì ad aumentare l'angoscia che si era diffusa e aleggiava in macchina. Il resto del viaggio passò in un silenzio pesantissimo che per poco non mi rese pazzo. Per fortuna o purtroppo siamo partiti prima del picco di contagi quindi non abbiamo avuto problemi a raggiungere Lugano. Tutto sommato la prima settimana passò tranquilla, senza nessun evento importante. Ma la settimana successiva fu un inferno terrestre: i contagiati aumentarono e iniziò la quarantena, durante la quale non potei fare niente al di fuori di leggere e riflettere a ripetizione all'infinito senza un orizzonte, senza una metà visibile. In questi miei lunghi pomeriggi iniziai a pensare e ripensare ad una frase letta nel libro di Saramago "Cecità", in cui si dice "l'uomo è metà indifferenza e metà cattiveria". Questa frase mi martellava in testa senza tregua e più ci pensavo e più mi trovavo d'accordo, io non riuscivo a crederci: fino a quel momento avevo visto l'umanità come troppo evoluta per provare indifferenza e cattiveria, e ora tutte le mie certezze mi crollavano addosso. Rimuginavo che fino a qualche tempo fa, quando il virus era solo in Cina, si scherzava e si rideva, invece adesso si soffre tremendamente perché a causa dell'indifferenza non ci siamo accorti del pericolo, se non quando si è avvicinato così tanto che anche un cieco lo avrebbe visto.

Un giorno mi ammalai e fui subito isolato da tutti e da tutto, finii in un ospedale con altri malati e mi rifugiai sempre di più nei pensieri, ma non quelle riflessioni che portano ad una conclusione, anzi più ci pensavo e più mi chiudevano in me stesso deprimendomi attanagliato da essi, un po' come capita con le sabbie mobili: più cerchi di liberarti più sprofondi e ti imprigioni da solo. La mia depressione toccò livelli estremi e quasi mi condannò alla morte, ma trovai un appiglio insperato tra le mie riflessioni, io dovevo vincere la malattia non solo per me, ma per tutta la mia famiglia, io non potevo rimanere indifferente a quello che sarebbe toccato a loro se mi fossi lasciato andare. Perché è egoista credere che la nostra vita non influenzi altri, perché noi siamo gli altri.



Testo Ventisettesimo

LE PERSONE AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

Intorno alla fine del 2019 a Wuhan si è incominciato a diffondere un nuovo tipo di coronavirus. Un virus  che gli scienziati hanno iniziato a studiare e ad attribuirne l'origine agli animali.  I sintomi derivanti dal contagio sono assimilabili a quelli influenzali ma si possono aggravare molto presentando difficoltà respiratorie specialmente negli anziani già affetti da altre patologie e perciò più deboli dal punto di vista immunitario. Tutte queste informazioni come giungono a noi cittadini? Chi le verifica? La nostra conoscenza riguardo le novità (almeno in un primo momento) ci è fornita dai giornalisti.  Costoro hanno l'importante compito di filtrare le informazioni, di tradurle, e talvolta di interpretarle. La notizia arriva con un articolo ma sta al giornalista voler creare allarmismo o cercare di affrontare le notizie in maniera più razionale. “Leggero raffreddore”, “forte influenza”, “virus letale che dimezzerà la popolazione mondiale”. Il virus “proviene dai topi”, “è stato creato in laboratorio come arma biologica dagli americani”, “si è diffuso a partire dai pipistrelli”. “Bisogna continuare a vivere normalmente”, “non si può più uscire senza mascherina”, “la mascherina non serve”, “bisogna lavarsi le mani e niente di più”. “Bisogna stare a casa”. Di chi ci possiamo fidare? Che cosa è vero e cosa no? Queste dichiarazioni sono state rilasciate da alcuni mass media e giornalisti e le persone hanno preso per vere le informazioni che meglio gli suonavano. L'informazione è essenziale al giorno d'oggi, specialmente in situazioni d'emergenza. Senza l'informazione non sapremmo che il virus era qui, non avremmo potuto sfruttare i consigli di chi aveva già cominciato ad affrontarlo e non avremmo mai iniziato a comportarci in maniera tale da cercare di diminuirne i contagi. E' grazie all'informazione che si può prevenire e rendere le persone consapevoli di un fatto. Tramite l'informazione si ha il circolo di notizie, il confronto e una spropositata influenza sull'opinione pubblica. I mass media, come alcuni giornali, per cercare di aumentare gli ascolti e per pubblicizzarsi hanno approfittato di questo momento per agire senza responsabilità. Dopo che fu appurato il fatto che il contagio si diffondesse da persona a persona e che fosse quindi necessario evitare assembramenti, i mass media hanno continuato a voler sfoggiare grandi titoli da film apocalittico. “Uccidono di più i fulmini”, “La fine è arrivata”. Poi c'è stata confusione: “Colpisce solo anziani già malati”, “420 ragazzi sotto i 19 anni positivi al virus”. La reazione delle persone a tutte queste notizie, come è facile intuire, è stata molto diversificata. C'è chi ha pensato irresponsabilmente al peggio e si è preparato ad una fine ipotetica attuando un saccheggio dei supermercati (come se avessero dovuto chiudere). C'è chi ha percepito i titoli di giornale come infinitamente esagerati e non si è posto il minimo problema. Alcuni giornalisti di cronaca anche di importanti testate hanno purtroppo iniziato a condividere qualsiasi piccola notizia senza verificarla più di tanto o senza davvero pensare all'effetto che avrebbe potuto  scatenare nella popolazione. Per esempio, quando ancora era permesso spostarsi liberamente sul territorio italiano e il governo era in procinto di rilasciare il decreto che avrebbe vietato gli spostamenti, i giornalisti ne sono venuti in qualche modo a conoscenza e l'hanno subito divulgato scatenando il caos. Le persone, in preda al panico di non poter ritornare nella loro città, dalle loro famiglie, o nella loro patria, hanno cominciato a fare le valige e a lasciare le città affollando le stazioni in una maniera incontrollata (anche perché il fatto avvenne di notte). Il risultato di questa mossa giornalistica è stato l'opposto di quanto avrebbe promulgato l'ordinanza del Presidente del Consiglio di lì a poche ore: restare a casa e limitare il contagio evitando contatti e assembramenti. I giornalisti hanno una grande responsabilità e spesso non ci fanno sufficiente attenzione. Dopo qualche giorno dall'ordinanza ci troviamo bloccati in casa, senza più contatti umani oltre che con i nostri familiari. Per i ragazzi, come dice il nostro preside, in un'epoca nella quale ci sono i social network, la relazione interpersonale che c'è a scuola finisce per essere l'unica relazione fisica durante la settimana. In quarantena si riprendono attività lasciate indietro da settimane, mesi, anni. Si riscoprono oggetti e ricordi. Si cucina, si fa giardinaggio, si riguarda quel film che da tanto era in lista. E nei momenti di noia si guardano i social network… Qui vi si trova spesso parte della peggior fauna. Persone che approfittano del momento in cui i supermercati sono tutti affollati per andarci anche loro e mostrarlo ai propri “followers”. Persone “coraggiose” che tengono a sottolineare che non hanno paura e che a loro il virus non farà niente. Ci sono quelli che inventano statistiche e numeri. C'è chi si permette di criticare il lavoro dei medici. Circola un filmato nel quale una ragazza di 25-30 anni affermava che avrebbe continuato ad uscire come se niente fosse finché non sarebbe morta almeno una persona sotto i trent'anni. Un fatto particolare di questa quarantena è che abbiamo scoperto migliaia di nuovi maratoneti. Gente che non corre mai che adesso deve uscire ad allenarsi come se dovesse partecipare alle olimpiadi. E' vero che le cose sono più piacevoli quando proibite ma in questo momento di fragilità per l'Italia è indispensabile che ognuno faccia la propria parte. In questa quarantena a mio parere abbiamo anche avuto modo di assistere a manifestazioni di senso di appartenenza incredibili. Interi condomini affacciati ad applaudire i nostri medici e ad incitare l'Italia. Queste scene sono toccanti e scaldano il cuore. C'è gente che non le apprezza e che trova fastidioso che la gente si metta a suonare sul balcone. Questi gesti di “disturbo” appartengono a persone che vogliono animare il proprio quartiere, a coloro che vogliono tenere compagnia agli anziani che da tempo non vedono i propri nipoti. Ascoltare l'inno italiano e sventolare la bandiera insieme dal balcone non perchè abbia vinto la partita la nazionale ma per dimostrare il nostro legame con il paese e la nostra gratitudine per chi lo sta difendendo e soccorrendo in prima linea, è qualcosa di straordinario. In questo momento tutti stanno facendo sacrifici, c'è chi sacrifica l'aperitivo e chi ci sta rimettendo denaro perchè non riesce a lavorare, ed è indispensabile che tutti facciano la loro parte perchè si possa presto tornare alla normalità. L'incertezza di questa situazione è faticosa ma c'è un grande lato positivo. Viviamo nel paese più bello del mondo e la sua bellezza ci manca. Nonostante adesso sia deserto e lo possiamo ammirare solo dalla finestra, quando tutto sarà passato riempiremo le piazze, i monumenti e rivivremo la sua bellezza e la nostra vita in una maniera unica e mai provata prima. Gli abbracci saranno più intensi e preziosi. Il buon caffè del bar, fatto con gli stessi chicchi del solito, sarà delizioso. Alla fine di questo incubo torneremo a goderci il paese più bello del mondo ancora di più.



Testo Ventottesimo

MADRE NATURA

15 marzo 2020

Cari Umani,

Questa è la prima lettera che vi scrivo, perché la situazione non è mai stata tragica come ora.

Innanzitutto voglio raccontarvi un po' di me stessa. Mi chiamo Madre Natura, e mi definirei come una fanciulla fertile, che genera continuamente, fiori, alberi, boschi, foreste, deserti, monti, laghi, fiumi, e tutto ciò che è in mio potere. Sono l'origine, la sorgente, di tutto ciò che possiede un'anima ma anche di tutto ciò che impassibile si trasforma, pur senza vita.

Infatti, oltre ad essere la causa della nascita, sono anche la sorgente della trasformazione, del mutamento, dell'evolversi continuo di questo pianeta che voi chiamate Terra.

Tuttavia, allo stesso modo, sono anche la fonte della distruzione, e della morte. Con uno schiocco di dita – per usare un'espressione che voi umani usate spesso – posso trasformare una rigogliosa foresta in un'arida steppa, e un potente oceano in un secco deserto. Non mi costa molto, ma so che a voi turberebbe perché vi trovereste in un luogo in cui non sapete gestirvi, in cui non riuscite a trovare ciò che vi serve per sopravvivere.

Io, invece, nella morte trovo una certa calma e tranquillità. La distruzione mi cosparge di serenità e il silenzio mi entusiasma e mi mostra tutto con molta più chiarezza e limpidezza. Infatti, come dopo il buio c'è la luce, dopo la notte c'è il giorno, così dopo la distruzione e la morte c'è la rinascita, la resurrezione e la vita. Durante il grande incendio, il fuoco si dirama, abbatte uno ad uno tutti gli alberi così velocemente che questi non fanno neanche in tempo a emettere un ultimo grido di aiuto, di dolore, e sempre più affamato e bisognoso di soddisfazione e appagamento divora tutto ciò che incontra. Mentre osservo tutto ciò, non posso che sentirmi onnipotente e invincibile. Tuttavia, solo all'alba, quando scruto il desertico paesaggio che si estende di fronte ai miei occhi, riesco veramente a godere della mia magnificenza e del mio potere, e mi rendo conto di essere in grado di generare tutto quello che voglio, delle bellezze mai viste, e mi compiaccio di ciò.

Nonostante questo, cari umani, voi mi mettete a dura prova. Non sembrate accettarmi, o godermi allo stesso modo in cui io godo me stessa.

Per molto tempo, ho cercato di compiacervi e esaudire i vostri incessanti desideri. Avevo una certa, come dire, stima per la vostra particolare specie, “gli animali dotati di ragione”, e continuavo ad accontentarvi, per curiosità e rispetto.

Devo ammettere che ho sempre avuto un po' di paura di voi. Quando vi ho generato, mi accorsi subito di aver dato vita ad una specie pericolosa, che senza giusti accorgimenti, sarebbe cresciuta a diventare anche più potente della madre stessa. Quindi pensai, sbagliandomi, che avrei potuto tenervi a bada solo concedendovi continuamente ciò di cui avevate bisogno.

Vi riempio i mari di pesci colorati, di coralli preziosi, ma voi riuscite a vederli solo come un guadagno, un modo per nutrirvi o arricchirvi e allora inizio a piangere e vi porto la pioggia, perdo le forze ed ecco che allora le foglie cadono perché non ho energie per attaccarle agli alberi, il mio cuore si gela per il dispiacere di voi umani che, ingrati, vi togliete tutta questa meraviglia.

Nonostante i vostri continui errori, ho continuato ad appagarvi ma ormai sono arrivata al limite. Voi esaurite le mie risorse così velocemente che non ho neanche il tempo per rigenerarle. Mi sento come se stessi sempre a rincorrervi, e utilizzo la maggior parte delle mie energie per voi. Vi presto così tanta attenzione, che non mi rimane più tempo da dedicare a tutti gli altri, a tutte le foreste che senza cuore abbattete, a tutte le margherite che strappate dal prato ormai non tanto fiorito, a tutti gli animali che impassibili divorate, a tutte le case che rubate pensando siano dei gioielli – sì, mi riferisco alle conchiglie –, a tutta l'acqua che sottraete ai miei fiumi, laghi, mari, oceani. Posso dilungarmi molto su questo argomento, parlando ad esempio per ore sulla questione della spazzatura, ma penso, o almeno spero, che voi siate abbastanza coscienti da sapere tutto ciò.

Tuttavia, siete così egoisti, presuntuosi e arroganti da dimenticarvi una cosa terribilmente importante.

Io sono quella che vi ha generato, io sono quella senza la quale non potreste vivere, io sono quella che nonostante i vostri danni, vi perdona e vi aiuta con il calore di una madre, e allo stesso modo io sono quella che può uccidervi tutti. Esatto, con quello stesso schiocco di dita, posso porre fine alla vostra esistenza.

Ho iniziato a darvi dei segnali. Gli incendi in Australia dell'inizio dell'anno, vi hanno tormentato solo inizialmente, ma più per mettere una storia su Instagram, non perché vi interessasse veramente. “Stanno morendo migliaia di animali”, avrete pensato, però dimenticandovi della parte più importante, “ma li avremmo uccisi noi lo stesso”. Ma i miei avvisi non sono stati ascoltati.

Un paio di settimane fa, a causa del caldo estremo, l'isola Eagle, in Antartide, ha perso un quinto della propria massa di ghiaccio in soli dieci giorni e, per la prima volta nella storia, l'Antartide ha registrato una temperatura superiore ai 20 gradi centigradi.

Avete ucciso due giraffe bianche, l'unica femmina e sua figlia di una particolare e affascinante specie rara, le uniche due al mondo insieme a una terza, maschio, ancora in vita. Al di là di questo, la popolazione delle giraffe si è ridotta del 40 per cento negli ultimi 30 anni per bracconaggio e molte specie si trovano in questa situazione.

Dovete imparare ad apprezzare la natura che vi circonda, ma prima di tutto dovete rispettarla. Avete davanti i paesaggi più affascinanti, i profumi più buoni, gli animali più interessanti, e tuttavia, da quanto tempo non alzate gli occhi, respirate l'aria del cielo e guardate le stelle? Siate sinceri. Siete convinti di vivere la vita, in realtà ignorate e lasciate passare le cose più belle. Forse non le vedete perché sono piccole. Siete sempre alla ricerca del grande, perdendovi il semplice.

Ed eccoci ad oggi. Vi piace il corona-virus? Ho finalmente deciso di vendicarmi, di farvi annusare un pizzico della mia potenza, di infiltrare nei vostri polmoni un mostriciattolo talmente piccolo da sottostimarlo, e non ne comprendete la potenza. Tuttavia, il fatto più preoccupante è che vi fidate troppo della vostra celebre ragione, e pensate unicamente ad essa. Non avete neanche avuto la decenza di chiudervi in casa le prime due settimane della pestilenza. Vi siete affidati ai vostri giudizi personali, atteggiandovi da egoisti, e ignorando il senso civico. Beh adesso i numeri ci mostrano i risultati di questa splendida scelta.

Giudicatemi pure come un mostro malefico che vi vuole distruggere tutti. Ma sapete meglio di me, che quando ci si trova prossimi alla morte, si diventa aggressivi e si cerca la vita più che mai.

La fanciulla fertile si può trasformare in un mostro orrendo, quando si tratta della propria sopravvivenza.

Madre Natura



Testo Ventinovesimo

RAGAZZI

Sabato sera. Sto per uscire coi miei amici, andiamo a farci un giro sul Naviglio. Mi preparo ed esco.

Trovo già gli altri che mi aspettano: Giovanni, Beatrice e Sara. Naturalmente mi fanno un applauso per il ritardo, accompagnato da una serie di commenti che percepisco altamente familiari: “Alla buon ora!” “Meno male che era alle 9 a Porta Genova!” “Cos'è successo Alberto, hai sbagliato autobus?”

Dopo aver accolto tutte queste frasi con un sorriso, ci avviamo sul naviglio, come ogni volta, senza una meta precisa. Già sappiamo che ci ritroveremo senza niente da fare dopo una mezz'oretta, ma non ci interessa, usciamo comunque e ci divertiamo.

Purtroppo però questi non sono giorni come gli altri. Si segue sempre lo stesso copione. Si parte con una battuta del tipo (naturalmente sempre di cattivo gusto): “che ne pensi di quel signore che si copre la bocca con la sciarpa?” o “che ne dici di andare a tossire di fianco alla gente per vedere la loro reazione?” per poi passare all'argomento serio in se. Non se ne  può fare a meno, se si parla per più di 10 minuti, si cade inevitabilmente sull'argomento COVID-19, e così si inizia a discutere:

“Ragazzi smettetela di comportarvi da bambini, qui stiamo parlando di una cosa seria!” Grida Beatrice fuori di sé. “In casa mia ormai ognuno mangia nella propria stanza, ed è già tanto che i miei mi abbiano fatta uscire oggi. Tra l'altro mi sa che avrei fatto meglio a restare a casa.”

“Non essere esagerata” dice Giovanni con voce rilassata. “Qui stiamo parlando di un virus di cui ci sono pochissimi casi in tutta italia, e te ti preoccupi di prenderlo qui, a Milano?”

“Però per quanto ne sappiamo” intervengo io “il virus potrebbe essere già tutto intorno a noi, i sintomi del contagio non arrivano subito.”

“E dato che ha una mortalità del 3%, direi che faccio più che bene a preoccuparmi” mormora Beatrice scocciata.

“Sul rischio di morte si può discutere, probabilmente infatti è molto minore, poiché quel dato rispecchia il numero di morti fratto il numero degli infetti registrati, non quello degli infetti totali, che sono probabilmente la gran parte dei portatori.Secondo me stanno facendo un gran chiasso per niente, si risolverà prima del previsto.” Affermo convinto e trionfante.

“In quanto al ragionamento sulla mortalità sono d'accordo” comincia Sara con tono sicuro “però se vogliamo parlare della pericolosità di questa malattia non è l'unico problema da considerare.”

“Di cosa dovremmo aver paura oltre che alla morte scusami?” chiedo piuttosto infastidito

“Per esempio degli immunodepressi, non essendoci né la cura né il vaccino per questo virus molte persone come anziani o gente con problemi respiratori potrebbero essere in pericolo, e non abbiamo mezzi molto efficienti per aiutarli.”

“Almeno questa generazione non sarà corrosa dalle pensioni degli anziani.” dice Giovanni con tono sarcastico

“Questa potevi anche risparmiartela”

“Faresti meglio a stare zitto”

“Comunque” riprendo io “non penso che questo virus sia molto aggressivo, e anche fosse ci sono gli ospedali ad accogliere i malati, non credo ci faremo distruggere da un' influenza solo perché è leggermente diversa dalle altre.”

“Il problema invece sta proprio nel fatto che è leggermente diversa, per questo motivo l'influenza coinvolgerà tutti senza eccezioni, rendendola molto più contagiosa.”

“Resta il fatto che i malati gravi sono solo una piccola percentuale che può essere aiutata dagli ospedali.”

“In una popolazione anziana come la nostra la percentuale non è così piccola, e gli ospedali non sono infiniti, i posti prima o poi finiscono. A quel punto sì che siamo messi male.”

“L'unica cosa che spero è che non ci facciano saltare la cogestione” interviene Giovanni per un'ennesima volta.

“Direi che non è il problema principale al momento” lo ammonisce ulteriormente Beatrice.

“Credete seriamente possano chiudere le scuole per questa scemenza?” Domando con tono di superiorità.

“Sarebbe un buon modo per bloccare l'epidemia” Dice Beatrice.

“Indipendentemente da cosa succederà, direi che per ora possiamo stare tranquilli” concludo io piuttosto frettolosamente.

Osservando cosa pensavo sarebbe successo qualche settimana fa, mi sono reso conto di una cosa: tutte quelle persone di cui Alessandro Manzoni parla nel suo romanzo, che agivano scorrettamente per la diffusione della malattia, convinte nella loro ignoranza, non sono poi così distanti da me. Ho sempre studiato gli eventi passati e gli errori delle persone venute prima di me con fare superiore, ma questa esperienza mi ha fatto riflettere almeno un minimo su quanto io sia saccente. Spesso però, più si ignora la verità, più si è convinti di aver ragione, o almeno questo funziona per me. Pur di vincere anche una semplice discussione, convinco me stesso di una cosa che non posso sapere, e ci aggiungo dati che non conosco a pieno, così da sperare di persuadere l'altro della mia opinione.

Mentre scrivo queste parole, spero soltanto di non ricadere nel mio stesso errore un'altra volta, anche solo per dare un senso a quello che sto vivendo in questi giorni, a questa quarantena che mi sta dando abbastanza tempo per riflettere.



Testo Trentesimo

AL TEMPO DEL CORONAVIRUS…

Coronavirus, il cui nome deriva dalla classica forma a corona tramite il microscopio elettronico a trasmissione, è una sotto famiglia di virus originato nei pipistrelli responsabile di già tre grandi epidemie: Sars, Mers e polmonite di Wuhan. Quest'ultima è ancora in corso, nata in Cina nella fine del 2019 e da allora diffusa attraverso vastissimi territori e continenti è diventata la prima vera pandemia.

Per affrontare l'elevato numero di malati gravi per i quali diventa necessario l'utilizzo di respiratori esterni (strumenti disponibili in poche quantità e molto costosi) ogni stato ha preso misure e provvedimenti diversi ma possiamo raggrupparli in due principali politiche. Primo approccio adottato dalla Cina e forse il più comune è di limitare il numero di contagi (molto elevato rispetto ad altre forme di normale influenza) con provvedimenti emergenziali di isolamento della popolazione. Recentemente invece, alcuni governi tra cui quello inglese e tedesco si stanno preparando ad affrontare il virus in maniera completamente diversa, ovvero, invece di evitare i contagi, si punta tutto sulla cura dei malati.

L'Italia ha deciso di adottare il metodo orientale con un grande sacrificio a livello economico per provare a limitare invece il numero di malati gravi ai quali altrimenti mancherebbero i strumenti e cure necessarie.  

Il 24 Febbraio quindi le scuole di tutti i gradi sono state chiuse per limitare gli aggregamenti quindi le possibilità di spargere il contagio del virus covid-19.

La prima settimana sembrava vacanza: ‘Prepara le tue valige, sbrigati che dobbiamo partire per la montagna!!!'. Sinceramente non ero felice della sospensione delle attività scolastiche perché durante quel periodo avverremmo avuto tre giorni di cogestione, occasione che trovo dia a noi studenti l'opportunità di poterci informare su argomenti a noi di grande interesse ma anche di sconfinare la barriera della nostra classe e avere la possibilità di fare nuove conoscenze all'interno dell'istituto (trovo che sia infatti essenziale instaurare più relazioni possibile quando se ne ha la possibilità).

Finita la settimana ‘di ferie' arriva la notizia che nessuno si aspettava: le scuole sono chiuse per altre due settimane. A questo punto sale la allerta e la preoccupazione per la situazione tramite i telegiornali (che siccome si è fermata tutta l'economia non hanno altro di cui parlare se non annunciare ogni mezz'ora il numero aggiornato di ricoveri e di morti) e i social (dove la gente ovviamente approfitta del momento di emergenza per creare ancora più panico spargendo false informazioni sulla situazione negli ospedali e su cure ‘super-efficaci' per i malati).

In tutte queste notizie, inclusi i primi discorsi del premier Conte, veniva segnalato che i ricoverati e i morti di questa malattia presentavano già altre patologie ed erano per lo più anziani. La popolazione si è quindi divisa tra le generazioni adulte ed anziane, che spaventate reagiscono non chiudendosi in casa bensì correndo in massa ai supermercati a fare scorta di cibo o in farmacia a chiedere mascherine e guanti, e i giovani che, sentendosi sicuri e fuori pericolo, continuano a vivere come non stesse accadendo nulla.

Molti hanno cercato di paragonare questo momento al periodo della seconda guerra mondiale, nella metà quindi dello scorso secolo, trovandoci molte similitudini ma a mio parere sono eventi molto diversi. I pericoli allora erano gli attacchi aerei e i bombardamenti che colpivano periodicamente punti strategici dei territori dove, sganciate le bombe, queste, toccato il suolo, causavano enormi esplosioni facendo saltare in aria interi edifici e qualsiasi persona poteva trovarsi nel raggio di esplosione. Diversamente da quelle bombe, il virus non è percettibile a occhi nudi e ciò rende difficile poterci rimanere alla larga; inoltre non agisce in maniera istantanea. Durante i bombardamenti la gente era a conoscenza in maniera più fisica del danno causato da ogni bomba ed era chiaro anche come poter evitare l'esplosione (trovando rifugio).

Attenzione! Trovo sia giusto informare la popolazione sulla gravità della situazione ma non dovrebbe essere obbligatorio dover incutere paura e timore nella gente per ottenere che comincino a seguire delle semplici regole di restrizione provvisorie. Credo invece che, a causa della poca ubbidienza di una parte della popolazione ai provvedimenti presi dal governo (in questo penso il popolo italiano sia purtroppo tra i primi in classifica mondiale), esso sia stato costretto a insistere nel descrivere la situazione di emergenza.

Da allora sono usciti nuovi obblighi e nuovi divieti, che lasciano operativi ormai solo gli ospedali ovviamente, i negozi alimentari e le farmacie. No! Mi sono dimenticato i tabaccai! Anche loro sono rimasti aperti, cosa che mi ha reso leggermente scettico pensando che il fumo porta problemi al sistema respiratorio e ai polmoni che certo non aiutano a contrastare il virus.  

Io e la mia famiglia, cascati inizialmente nel credere che questo virus non sarebbe mai diventato un vero problema, siamo tornati a casa dalla montagna il 2 Marzo e, compreso il pericolo del virus, ci siamo chiusi in casa (per fortuna vivo in campagna e ho un grande giardino dove poter prendere un po' d'aria fresca. Non so come facciano in centro!). Questo sembra non essere bastato infatti entrambi i miei genitori hanno da allora avuto una forte tosse e un po' di febbre senza però finire in situazioni tanto gravi da essere ricoverati. La certezza che si tratti del coronavirus però non la abbiamo e non potremo mai averla perché poco dopo la scoperta del primo caso in Italia, essendo i casi aumentati in maniera esponenziale, sono stati vietati i tamponi per chi non presentasse sintomi e hanno dato la responsabilità di scegliere i casi da testare ai ‘medici di base' i quali però accettano solo se ci si trova in condizioni davvero gravi. Dopo aver scoperto questo meccanismo ho compreso che i contagi contati nei telegiornali non erano nemmeno vicini a quelli reali.

La proroga della chiusura della scuola ha portato la maggior parte dei licei ad adottare nuovi metodi di insegnamento online tramite applicazione che permettono a tutti gli studenti e i professori di collegarsi in tempo reale con il resto della classe. Devo ammettere che ero molto entusiasta di questa decisione perché ho sempre voluto provare nuovi metodi di studio e credo che quello tramite internet, pur avendo molti problemi, abbia anche molti vantaggi tra cui non dover pensare al trasporto, tardare quindi l'orario della sveglia e, nel caso la lezione fosse registrata, poter scegliere quando vederla e di rivederla nel caso non si avesse capito una parte durante la prima visione. Ma restare barricato in casa mi ha fatto riflettere anche sull'importanza di mantenere rapporti fisici con altre persone e quanto sia importante avere la possibilità di uscire di casa e camminare (la vera importanza delle cose la si nota solo quando questa ci viene tolta).    

 

 

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